I burocrati del NO: stanateli!

Chi segue questo sito sa perfettamente che ci si astiene SEMPRE da letture critiche e considerazioni che prendano  posizione in favore o contro le pur rispettabilissime posizioni di parte politica. Facciamo così per il semplice motivo secondo cui l’efficienza e la qualità di una pubblica amministrazione moderna è una questione d’interesse bipartisan, comune a tutta la comunità nel suo complesso. Ciò non ci esime dal valutare come meritano proprio quelle posizioni politiche sulla burocrazia italiana che denotano ignoranza – attualmente il più rilevante fattore bipartisan che attraversa sull’argomento gli schieramenti politici da destra a sinistra. Le dichiarazioni politiche del ministro Guido Crosetto (presenti nell’intervista da lui rilasciata lo scorso 28 dicembre a “Il Mattino”) vanno, a parere di chi scrive, avvicinate strettamente a quelle profferite dal noto statista Rocco Casalino nell’anno 2018, agli albori della precedente legislatura e nell’identica occasione della discussione del bilancio dello Stato: i dirigenti del Ministero dell’Economia e Finanze furono qualificati allora come “pezzi di merda” (la classe non è acqua), “persone che stanno lì da decenni e che proteggono il sistema e che non ti fanno capire niente“, colpevoli di “non trovare 10 miliardi del cazzo” (si veda qui).

Con argomentazioni un filo più ragionate (solo un pò), il ministro Crosetto dopo quattro anni attinge allo stesso repertorio: “giro di vite“, “una classe dirigente che va cambiata in profondità“, “mentalità vecchie“, “funzionari con un’ideologia diversa dalla nostra“. Si ripropongono in modo più educato le stesse  idee del  collega di parte avversa. I vecchi odiati professori dei miei tempi li avrebbero messi tutti e due in ginocchio dietro la lavagna sui ceci, per assoluta ignoranza dei concetti cardine di una burocrazia moderna.

In Inghilterra, in USA, in Francia, ovunque nelle democrazie avanzate, al cambio di governo dopo le elezioni, i leader politici democraticamente eletti sostituiscono  i vertici amministrativi, senza polemiche idiote sulla “burocrazia” e operando in giusta coerenza con la necessità di avere stretti collaboratori in grande sintonia con la loro linea politica. Ma – e qui cascano gli asini – quest’operazione sui vertici non può e non deve incidere sul complessivo corpo istituzionale della dirigenza e dei funzionari pubblici. Tonnellate di trattati e di libri sulle amministrazioni moderne, che loro non hanno mai letto, insegnano alcuni principi cardine – scontati ovunque fuori dai nostri confini – secondo cui la qualità della burocrazia è centrale per l’efficenza di un sistema economico democratico e che lo strumento principe per ottenere questo risultato risiede nel disporre di un corpo di funzionari, altamente professionalizzato, apolitico, stabile e al servizio della collettività nel suo complesso. La professionalità e l’imparzialità (“sine ira et studio” predicava Max Weber, che per loro dovrà sembrare essere un calciatore della Bundesliga)  del ceto dirigente pubblico è garantita altrove da un severissimo sistema di reclutamento aperto, che attinge ai migliori bacini accademici e imprenditoriali a disposizione (le grandi università statunitensi, Cambridge e Oxford per l’Inghilterra, l’ENA per la Francia). Nulla a che vedere questi concetti-cardine con la confusione mentale di chi pone sullo stesso piano di ragionamento le posizioni politico-amministrative di vertice e il corpo professionale delle amministrazioni pubbliche nel suo complesso. Bisogna svecchiarli? Certo che bisogna svecchiarli! Ma ciò è possibile solo con una classe politica capace di comprendere, non solo il concetto di centralità della burocrazia pubblica, ma anche che le pubbliche amministrazioni vanno BEN REGOLATE dal legislatore, con interventi prima di ogni cosa attenti alla sua governance complessiva. VASTE PROGRAMME! (Iniziamo coll’istituire un efficiente e organizzato sistema di vigilanza parlamentare (watchdog del Congresso U.S.A.- vedi) sull’operato della burocrazia,,,per esempio…).

Giuseppe Beato

 Intervista a Guido Crosetto

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