Max Weber e la burocrazia moderna

La conoscenza del pensiero di Max Weber (1864-1920) sulla “burocrazia” e’ spesso relegata  ai “sentito dire” e alle citazioni di prammatica. Come sempre, le generalizzazioni “rubano” molto al pensiero originale di un autore, specialmente li’ dove questo pensiero e’ complesso e ricco di sfaccettature. Crediamo di rendere un servizio alla conoscenza della pubblica amministrazione – del concetto stesso di pubblica amministrazione – pubblicando due fra gli scritti più’ significativi a proposito di quello che Weber riteneva essere lo strumento principe per la gestione e l’esistenza di un sistema economico capitalista. I due scritti sono tratti dal suo trattato fondamentale – Economia e società’ – curato postumo dalla vedova Marianne Weber e da Johannes Winckelmann (Wirtschaft und Gesellschaft – 1922, traduzione italiana in “Edizioni di Comunita’” – Milano 1961).

Per chi voglia addentrarsi nell’affascinante lettura di questo classico della sociologia sono necessarie poche fondamentali premesse:

  1. Weber NON fu il teorizzatore o l’anticipatore del regime nazista, ma fu uno strenuo democratico che lotto’ – fino al momento della morte per l’epidemia “spagnola” del 1920 – per l’affermazione in Germania di un regime democratico parlamentare e federale, nel quale al Parlamento fossero attribuite le potesta’ di conferire/togliere la fiducia al governo, di approvare il bilancio dello Stato e di controllare la burocrazia militare e amministrativa, in modo tale che queste ultime non travalicassero il loro “ubi consistam” intangibile che e’ quello di curare “professionalmente” gli affari pubblici su un piano di imparzialità e di professionalita’ (sine ira et studio), in base alle direttive del ceto politico. Un’esposizione compiuta del pensiero democratico di Weber e della sua concezione dei rapporti fra vertice di governo, partiti, rappresentanti dei lavoratori, sistema elettorale, burocrazia di partito, burocrazia militare e burocrazia amministrativa si trova nel testo “Parlamento e Governo” (edizioni Laterza dell’anno 2002). Basti citare una delle numerosissime professioni di fede democratica: ” A me sembra che il nostro compito in patria sia soprattutto quello di provvedere a che i soldati che tornano trovino la possibilità’ di ricostruire da se’, con la scheda elettorale in mano e attraverso rappresentanti da loro eletti, quella Germania di cui hanno salvato l’esistenza….a questo scopo il diritto elettorale e il potere del parlamento sono gli unici mezzi.  Nel 1917/18 quando scrisse questo libro, Weber non immaginava lontanamente che le sue teorie sul capo carismatico avrebbero incontrato una delle più’ terribili concretizzazioni proprio nel suo paese. Del resto la sua teorizzazione del “potere carismatico” – come uno dei tre “tipi ideali” di potere, insieme al “potere legale” e al ” potere tradizionale“-  aveva un respiro teorico molto più’ ampio sul piano della storia delle società’ e, comunque, nei tempi attuali doveva essere temperato con gli istituti di democrazia rappresentativa parlamentare (non esclusa, comunque, la libertà di associazione sindacale e di sciopero, che in Germania risultava conculcata dai tempi del cancelliere Bismark).
  2. I testi che qui sotto si presentano espongono in modo esemplare il concetto secondo cui la “burocrazia” e’ espressione di un potere legale e di una sistema moderno di gestione del diritto che hanno consentito e consentono l’esistenza stessa del sistema produttivo capitalista: “l’impresa capitalistica moderna si fonda soprattutto sul calcolo. Essa richiede per la propria esistenza una giustizia e un’amministrazione il cui funzionamento possa almeno in linea di principio venire calcolato razionalmente in base a norme generali -nello stesso modo in cui si calcola la prestazione prevedibile di una macchina” (Economia e Societa’ – cit. – pag. 699);
  3. la descrizione sul sistema burocratico che “governa” le società’ capitaliste non trascura di chiarire che “burocrazia” e’ un unico “modo” razionale di gestire qualunque tipo di “potere”, ma che, dal punto di vista dei soggetti attori, vanno distinte le burocrazie delle imprese, la burocrazia militare e la burocrazia degli uffici pubblici. Tutte e tre tali burocrazie – come  qualunque tipo di burocrazia –  NON devono travalicare il confine dei propri compiti – che e’ quello di dare attuazione professionale agli ordini dei propri vertici. Weber individua una patologia grave proprio nel pericolo che il potere amministrativo si sostituisca al potere del parlamento, sfruttando la sua superiore preparazione e continiuta’ professionale rispetto ai vertici politici. Weber descrive in modo splendido il rapporto ottimale fra politici e funzionari, pensando al modello inglese: “Soltanto una scuola di lavoro intensivo sulla realtà dell’amministrazione, che l’uomo politico deve sperimentare nelle commissioni di un parlamento potente e fondato sul lavoro e nella quale egli deve dimostrare le sue capacità, rende una tale assemblea un luogo di selezione non di meri demagoghi, ma di politici che lavorano oggettivamente, di cui il parlamento inglese costituisce un esempio fino ad oggi ineguagliato. Soltanto questa forma di collaborazione fra funzionari specializzati e politici di professione garantisce il controllo continuo dell’amministrazione e, attraverso esso, l’educazione e l’istruzione politica di governanti e governati. La pubblicità dell’amministrazione, ottenuta forzatamente attraverso un effettivo controllo del parlamento, e’ ciò che si deve richiedere come condizione preliminare di ogni fecondo lavoro parlamentare e di ogni educazione politica della nazione.” (Parlamento e governo, cit., pag. 62).
  4. Come esempio estremo di soffocamento della libertà’ in caso di tralignamento del potere burocratico, Weber individuava con incredibile chiaroveggenza l’eliminazione progressiva del capitalismo privato…. Posto che questa riuscisse, questo non comporterebbe affatto, in pratica, una rottura del guscio di acciaio che avvolge il moderno lavoro industriale; ma vorrebbe piuttosto dire che ora anche la direzione delle imprese statalizzate o assunte in qualche “economia comune” diventerebbe burocratica“( Economia e società’ – cit.- pag. 713). Weber scriveva queste parole a strettissimo ridosso della rivoluzione bolscevica in Russia.
  5. Weber aveva perfettamente chiara la degenerazione cui si presta il sistema burocratico pubblico in termini di corruzione e di “sistema dilettantesco” quando il potere politico travalica dai propri confini e invade gli uffici pubblici con funzionari non professionali, ma proni ai propri interessi di parte; egli individua negli Stati Uniti d’America il luogo nel quale questo fenomeno era stato vittoriosamente contrastato con la Civil Service Reform: “Negli Stati Uniti il sistema dilettantesco di amministrazione per mezzo di politici predatori, che faceva sostituire centinaia di migliaia di funzionari, fino a livello dei portalettere, a seconda dell’esito delle elezioni presidenziali, ignorando il funzionario professionale a vita, è stato da lungo tempo infranto dalla Civil Service Reform (1883). Questo sviluppo è condizionato da perentorie esigenze tecniche dell’amministrazione. In Europa il corpo specializzato dei funzionari, fondato sul principio della divisione del lavoro, è sorto a poco a poco attraverso uno sviluppo di mezzo millennio. Il primo passo fatto dalle città e dalle signorie italiane e, tra le monarchie, dagli stati di conquista normanni; il passo decisivo fu compiuto nell’amministrazione finanziaria dei prìncipi.” (Economia e società’ – cit. – pag. 707).

Quale il nocciolo dell’insegnamento di Max Weber sulla burocrazia pubblica? Un concetto fondamentale, a tutt’oggi estraneo alle cocuzze vuote di gran parte del ceto politico e intellettuale del nostro Paese: che la “burocrazia”, lungi dall’essere “il male” e’ lo strumento fondamentale di governo delle politiche pubbliche di uno Stato moderno e che da essa, non solo non si può’ prescindere, ma – ben di piu’ – si genera l’indispensabile volano di crescita economica e civile di una comunità’, nonché di innovazione tecnologica. Per coloro, infine, che volessero avanzare osservazioni a proposito della “vetusta’” di un tal modo di ragionare, rinviamo agli scritti di un’autorevolissima economista italo-americana – Mariana Mazzucato – che, in tempi di internet, di telefonini e di economia verde, perviene alle stesse conclusioni (si veda qui “Lo Stato innovatore” dell’anno 2014) cui un secolo prima si era attestato il grande sociologo tedesco.

Giuseppe Beato

Economia e Societa’, vol. II, pag. 271-314

 

Economia e Sociata’ – vol. II – pagg. 697-717

 

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