Oltre il business: un’idea di comunità solidale dentro una piccola impresa italiana in Irlanda.

Cosa c’entra un piatto di cavatelli molisani con l’organizzazione aziendale? E un buon bicchiere di vino con la tecnica formativa del Team building? Il legame solo apparentemente stravagante fra mondi diversi ci si manifesta in tutta la sua originalità nel libro intitolato “Oltre il Business”, Rubbettino editore.

Il testo è  a cura di Fabrizio Giorgilli (docente di comportamento organizzativo all’Università del Molise) e di Maurizio Mastrangelo e Marco Giannantonio, titolari questi ultimi di un lanciatissimo ristorante al centro di Dublino e insigniti nel 2018 dal Presidente Mattarella del titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia. Sarebbe riduttivo parlare di questo libro come della descrizione di una fortunata e geniale storia di successo di due ragazzi molisani trasferitisi in Irlanda quindici anni fa. La sua lettura a tratti complessa, ma sempre avvincente, riesce efficacemente a collocare questa “avventura a Dublino” in una prospettiva tanto inaspettata quanto convincente: quella dell’utilizzo delle sapienze tradizionali di una terra italiana dentro un percorso di successo aziendale, non solo collocato nel contesto della capacità tutta italiana di creare fiorenti piccole imprese, ma molto di più: come volano per migliorare i criteri di organizzazione di un team di lavoro – ossatura di base dell’attuale organizzazione d’impresa –  e nel proporre una dimensione del “produrre” più inclusiva, più avvincente, più umana, liberata dalla prospettiva maniacale del profitto per il profitto. Chiedere in proposito  ai dipendenti delle multinazionali Google, Microsoft, Instagram, Pfizer, Kpmg, Twitter che hanno partecipato ai corsi di Team Cooking organizzati nel ristorante di Maurizio e Marco!

Ma cominciamo dall’inizio.

Maurizio Mastrangelo e Marco Giannantonio sono due neo-laureati in discipline giuridico-aziendali che, dopo aver conseguito il diploma, tornano all’inizio degli anni 2000 in Molise alla ricerca di un futuro. Nel 2004 maturano un’idea completamente e apparentemente lontana dalle radici culturali acquisite. Trasferirsi a Dublino – allora in pieno slancio economico – e inaugurare là un ristorante di cucina italiana, chiamandolo “Pinocchio”. Il loro sogno viene coronato da pieno  successo! La gente di Dublino apprezza non solo i sapori e i colori della cucina italiana ma anche l’atmosfera di simpatia, di accoglienza, di familiarità che i due giovani italiani riescono a creare intorno a sé.

La storia potrebbe terminare qui,  come altre incantevoli storie di ragazze e ragazzi italiani che hanno trovato all’estero quegli stimoli e quei riconoscimenti che non trovavano in Italia. Ma non così per Maurizio e Marco. La lettura teorico/organizzativa di quest’avventura – condotta da Fabrizio Giorgilli – conduce nel pieno dei percorsi teorici moderni di psicologia sociale  e del lavoro e di organizzazione aziendale; sicuramente Maurizio e Marco li avevano nel proprio bagaglio culturale, così decidono di applicarli nel loro mestiere di imprenditori con una fluidità e una spontaneità tutta mediterranea: il ristorante si tramuta pian piano in scuola di cucina italiana, poi in un’agenzia di viaggi gastronomici in terra italiana ed, infine, in centro di formazione aziendale specializzato nel migliorare e valorizzare il clima organizzativo in una impresa di servizi del genere delle multinazionali che hanno collocato le proprie sedi in quel di Dublino.

In questo modo, la narrazione delle vicende di un ristorante evolutosi in fornitore del servizio formativo del  Team Cooking costituisce anche il racconto in forma di metafora dell’evoluzione delle più moderne tecniche di organizzazione aziendale e di empowering del personale. Appositi capitoli del libro, di taglio esclusivamente teorico, ricostruiscono l’evoluzione in corso degli studi di organizzazione aziendale – che traggono la loro lontana origine dalle ricerche di Elton Mayo e di Kurt Lewin – tutti oggi orientati sulla valorizzazione del “piccolo gruppo”, del “Team di lavoro” come la sorgente più ricca di quel bagaglio di “conoscenza organizzativa” che fa potente e strutturata professionalmente un’impresa. Se il team di lavoro viene “costruito” in un clima orientato a valorizzare la personalità dei singoli – di ciascun singolo di un team – l’esperienza lavorativa garantirà non solo i famosi “margini di efficienza e qualità”, ma sarà anche un contesto di valorizzazione del sé, un luogo in cui il singolo realizza quei bisogni di riconoscimento della propria individualità e di accrescimento delle proprie conoscenze e abilità, che erano preclusi nei contesti lavorativi dell’impresa industriale tayloristica, anonima e soffocante. Né l’agire d’impresa viene letto e vissuto in termini di nudo “profitto”, in modo avulso da un contesto etico (si veda il paragrafo 1.2.): le migliori teorie economiche emergenti, infatti, recuperano il concetto antropologico di cultura, in riferimento a quel coacervo di valori/sentimenti di convivenza aziendale basati su una “ragnatela” di comportamenti di routine attraverso i quali i singoli si relazionano agli altri, di “rituali” , di “simboli”, di “storie”; quando lo “stile di leadership aziendale” venga orientato a tre tipi di atteggiamento, “saper ascoltare”, “astenersi da giudizi morali e “assumere funzioni di legame fra i membri del gruppo” (pag. 46) , ciò condurrà i singoli a una dimensione di “appartenenza” e a profili empatici di accettazione reciproca che si manifestano in pieno come “cultura organizzativa”, cioè come “insieme di valori, norme, simboli, linguaggi, segni che sono alla base di decisioni e atteggiamenti” (pagg. 48- 49). L’attenzione alla dimensione etica non si esaurisce all’interno della singola azienda, ma getta lo sguardo nel funzionamento della Comunità civile in cui opera l’impresa (Capitolo 3). Qui, all’esposizione attenta delle teorie economiche che recuperano il senso della “reciprocità” dei comportamenti fra le persone, in una dimensione in cui “il mercato è una creazione umana e l’intervento pubblico è una componente necessaria e non elemento di per sé distorsivo e vessatorio” (pag. 76) vorremmo aggiungere, di nostro, uno dei fattori fondamentali che la storia di Maurizio e Marco ci dimostra come vivo e pulsante: non è un caso che il loro successo sia stato conseguito in un Paese, l’Irlanda, nel quale prevalgono politiche pubbliche sane e vincenti (sistema fiscale equo ed efficiente, finanziamenti statali alle imprese per progetti d’investimento, tutela della proprietà intellettuale, welfare) e una capacità di reazione che ha consentito allo Stato irlandese di superare in pochi anni gli effetti della crisi finanziaria del 2008; questo tipo di forza di uno Stato si manifesta sempre anche attraverso la capacità della pubblica amministrazione della Comunità nazionale di essere la depositaria e il diffusore principale del bagaglio dei valori di un popolo.

Un libro a doppia griglia di lettura come si vede: l’esposizione teorica rimarrebbe nell’olimpo delle buone esposizioni di teorie se non si specchiasse nel racconto del sogno di due ragazzi che si tramuta prima in un ristorante all’estero, poi nell’ “Italian school of cooking”, infine in scuola di formazione aziendale dove il conduttore dei Team Giuseppe Crupi grida “Stop”, “Go”, ”Good”,  ”Noooo”,  “Bravi”, a seconda delle fasi di preparazione dei piatti e alla fine di tutto, tra una spolverata di farina, qualche schizzo di sugo e tagliatelle alla chitarra mezze italiane  mezze internazionali, i giovani impiegati di Google si erano conosciuti meglio, avevano risolto i problemi pratici insieme e avevano creato un gruppo finalizzato al risultato: una cena a base di tagliatelle al ragù, melanzane alla parmigiana e tiramisù”.

Sembra una fiaba ma, esattamente come per Pinocchio, il sogno si è tramutato in realtà. Ma ha un sapore agro-dolce la scoperta della ragione ultima per cui lì (e non qui) il progetto iniziale di due ragazzi è diventato vita concreta e vissuta; ce la sintetizza Maurizio Mastrangelo alla  pagina 106 del libro: “Qui lo Stato è amico”.  Non c’è altro da aggiungere e chi vuole intendere intenda.

Giuseppe Beato

 

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