Le novità legislative sul pubblico impiego – Il DL n. 36/2022 convertito in Legge n. 79/2022

E’ molto difficile raggiungere un livello soddisfacente di comprensione e di valutazione di un provvedimento legislativo, quando la sua lettura si presenta difficoltosa anche per gli esperti della materia. Nel caso delle disposizioni sul pubblico impiego – che vanno per l’ennesima volta a modificare il corpo gia’ di per se’ confuso dell’originario d. lgs. 165 del 2001 – gli unici elementi certi sono che il decreto legge  n. 36 del 30 aprile ultimo scorso (convertito in legge n. 79 del 29 giugno 2022) costituiva uno dei “milestone” richiesti dal Commissione Europea per procedere al pagamento della tranche di giugno dei Fondo di Ripresa e Resilienza (RRF – importo 24,1 miliardi) e che il ministro Brunetta, nel corso dell’audizione al Senato per illustrare il provvedimento (vedi qui il video), l’ha definita una “rivoluzione”.

Nel seguito, con largo beneficio d’inventario rispetto alle dichiarazioni del Ministro della Pubblica Amministrazione, ci si accontenta, in attesa di assistere a  risultati tangibili, di ricordare per sommi capi ALMENO i punti “di sistema” toccati dalla nuova astrusa novella.

DEFINIZIONE DEI FABBISOGNI PROFESSIONALI: in qualunque azienda privata, questa funzione e’ il cardine della buona o cattiva qualità di tutte le attività’ produttive da svolgere. Nel pubblico impiego l’individuazione dei profili professionali necessari e’ demandata alla Contrattazione Collettiva Nazionale (vedi qui un riepilogo delle clausole a cura dell’ARAN) che individua le caratteristiche generali dei profili professionali nel contesto di un ripartizione in tre (ora quattro) aree funzionali previste dall’articolo 52 del 165. Sono definizioni ormai vecchie di circa 15 anni, chiaramente travolte dalle strabilianti mutazioni tecnologiche intervenute nel frattempo. Cosa prevede l’articolo 1? Che l’individuazione delle linee d’indirizzo per l’individuazione delle nuove competenze sia effettuata con decreti MPA e MEF   sulla base della definizione di nuovi profili professionali individuati dalla contrattazione collettiva, con particolare riguardo alle competenze legate alla transizione digitale ed ecologica  Cosa c’e’ di “rivoluzionario”? Il fatto che le competenze digitali ed ecologiche siano oggi dirimenti per il buon funzionamento di un’azienda? Al di fuori di questo scontato effetto annuncio, la disposizione non porta alcuna novità, ma conferma il dato di conservazione dell’esistente, che riguarda la non autonomia delle amministrazioni pubbliche nel determinare i propri fabbisogni di personale e il vincolo di legge a definire in contrattazione collettiva gli asset fondamentali della propria struttura organizzativa.

LA PIATTAFORMA UNICA DI RECLUTAMENTO: prima della grande gelata del blocco del turn over, i concorsi forse erano nozionistici, forse non valutavano le capacità’ critiche e d’ iniziativa dei candidati, pero’ si facevano. Dopo anni ed anni, le amministrazioni pubbliche non sanno più bene come organizzare e gestire un concorso pubblico. Queste le motivazioni vere dell’affastellarsi di disposizioni di legge tese a “semplificare” (ohibò’) le procedure concorsuali. L’articolo 2 del decreto in esame – con un’operazione di segno positivo, sia chiaro – ufficializza il sito web governativo www.inpa.gov.it come Portale Unico di Reclutamento in cui transiteranno obbligatoriamente gli avvisi di concorso e le richieste di mobilità. Basta con gli avvisi su Gazzetta ufficiale e via a un solo comodo ausilio informatico. L’utilizzo del sito web sarà obbligatorio anche per Regioni e Autonomie, previa intesa con la Conferenza Unificata Stato Regioni Enti locali. Il portale rappresenta un utile e moderno strumento d’ausilio – magari lo si poteva istituire senza necessità di grande “annuncio” legislativo – tuttavia, il problema rimane sempre lo stesso: i concorsi per le centinaia di migliaia di posti di lavoro pubblici che si stanno liberando, si fanno? Come?

RIFORMA DELLE PROCEDURE DI RECLUTAMENTO: finalmente all’articolo 3 la risposta degli innovatori. Ai vecchi tempi il concorso pubblico era quasi sempre articolato in due prove scritte a prevalente contenuto giuridico (riguardanti le funzioni dell’amministrazione per cui si concorreva) e una prova orale, a carattere nozionistico. Mai piu’! Ciò’ che conta sono le qualità psicologiche e d’intraprendenza del candidato. Con il classico movimento pendolare, per il quale si passa da un eccesso (la sola, ma necessaria, conoscenza di istituti e concetti) alle “capacità logico-tecniche, comportamentali, nonché’ manageriali” (espressioni letterali  che hanno un vago sapore di dejavu sessantottino sulle mitiche “capacita’ di critica”), rilevate da “imprese e soggetti specializzati in selezione del personale” e da esperti in “valutazione delle competenze e selezione del personale”. Tutto bello e a’ la page, salvo NON fissare un paletto fondamentale: la terzietà delle commissioni di concorso, da far presiedere a un soggetto qualificato esterno alla stessa, come era ai vecchi tempi; era e sarebbe l’unica vera garanzia d’imparzialità delle procedure e degli esiti finali. Ci sono circa trent’anni di esperienza di concorsi interni delle pp.aa. nei quali la composizione delle commissioni era immancabilmente non “terza”, ma demandata in modo esclusivo alle sue componenti interne. Sempre nell’ottica della riforma a pezzetti, va ricordato il potenziamento della Commissione  per l’attuazione del Progetto di rig\qualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM)  (art. 18 del DL 162/2019, convertito in L. n. 8/2020) che ora può gestire, ove richiesta, i concorsi di tutte le amministrazioni pubbliche, utilizzando personale FORMEZ (opportunamente finanziato con l’art. 8 del decreto).

TUTTO BENE, MA I GIOVANI ENTRERANNO NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI? Neanche per niente! Per loro, sostanzialmente, rimane concretamente aperta la sola possibilità di aspirare a posti di lavoro a tempo determinato o a “contratti di collaborazione”. Per una verifica testuale di quest’affermazione e’ sufficiente il riferimento alle disposizioni via via inzeppate nel tempo dentro il corpo del decreto legislativo n. 165/2001:

  1. Il reclutamento di “professionisti”, “esperti” e “personale in possesso di alta specializzazione” per la gestione del PNRR: il comma 5 dell’articolo 1 del decreto legge n.80/2021 ha previsto l’istituzione di “uno o più elenchi” professionali ai quali possono iscriversi gli aspiranti a un lavoro, elenchi distinti a secondo delle diverse specializzazioni necessarie. Il dm 14 ottobre 2021 (vedi qui) definisce ciascuna delle tre figure lavorative previste’ prevedendo le procedure semplificate per il reclutamento attraverso due forme di rapporto di lavoro: il rapporto di collaborazione con contratto di lavoro autonomo e il contratto di lavoro a tempo determinato. Dov’è il trucco? Semplice, il tipo di professionalità richiesta può’ essere posseduta solo dopo anni di tirocinio professionale; pertanto questa strada è preclusa ai giovani laureati. Ma quali sono le prospettive professionali per i prescelti? Presto detto: il rapporto di collaborazione previsto dall’ordinamento dell’impiego pubblico è a carattere temporaneo e non rinnovabile (articolo 7, comma 6, del d. lgs. 165/2001), con compensi non certo superiori ai magri guadagni reperibili nel mondo privato.  Chi invece otterrà un contratto di lavoro a tempo determinato – al più estensibile fino alla data di scadenza dell’attuazione del PNRR- godrà di uno stipendio annuo lordo base di circa 24.000 euro (vedi qui). Domanda: quale professionista, esperto o giovane laureato di valore potrà mai aspirare a simili prospettive di lavoro?
  2. Il giovane può allora aspirare a partecipare a un concorso “normale”? Certo! A patto tuttavia di sapere che vengono posti a bando posti nel limite massimo del 50% delle risorse finanziarie disponibili per le assunzioni (art. 35, comma 3 bis, del d. lgs 165/2001);
  3. il “decreto gemello” n. 80/2021 ha, inoltre, disposto la modifica dell’articolo 52, comma 1 bis, del d.lgs. 165/2001 facendo salvi per i concorsi esterni solo “il 50% dei posti disponibili” e riservando il resto dei posti a promozioni (non meritocratiche, ma di massa, vista la percentuale) del personale interno delle pp.aa.; questo 50% riservato al personale interno delle amministrazioni viene assegnato  non attraverso concorso pubblico, si badi bene, ma con “procedura comparativa” (che cosa è?);
  4. c’è inoltre una riserva del 40% dei posti a favore dei titolari di rapporti di lavoro a tempo determinato con almeno tre anni di servizio (art. 35, comma 3bis, lett. a) del suddetto d .lgs. 165/2001); anche qui si pesca all’interno delle pp.aa.;
  5. un diritto di precedenza sui posti messi a concorso e’ attribuito “prima di procedere all’espletamento delle procedure concorsuali” a personale che transiti in mobilita’ da altra amministrazione (art. 30, comma 2bis, del d.lgs. 165/2001), “anche se la vacanza di posto sia presente in area diversa da quella d’inquadramento”;
  6. vengono assunti in servizio con precedenza sui vincitori dei concorsi gli  idonei di concorsi espletati in precedenza (comma 5ter dell’art. 35 del d.lgs. 165/2001). La vigenza delle graduatorie e’ limitata a due anni dalla loro approvazione, tuttavia è noto che la legislazione italiana è disseminate di decine di leggine di deroga.

Da notare, infine, che molte delle disposizioni che riducono in briciole le speranze dei giovani di entrare a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni a seguito di regolare concorso pubblico  furono emanate anche 10 anni fa. La legislazione “Brunetta” si e’ ben guardata dal rimuovere tali ostacoli, a dimostrazione del fatto che la nuova legislazione è orientata in prevalenza alla tutela di chi gia’ è dentro l’amministrazione, poco o niente alle centinaia di migliaia di giovani in cerca d’occupazione.

L’ASSALTO ALLA DILIGENZA: li’ dove l’uso della consonante “l” può’ essere facilmente intercambiato con la consonante “r”. Ne’ la piccola politica, né le teorie falso/privatiste di alcuni think tank intellettuali milanesi (vedi qui “Il grande fratello della dirigenza pubblica italiana”) possono tollerare una dirigenza pubblica stabile e responsabilizzata. La dirigenza, piuttosto, viene tenuta da trent’anni in una posizione di precarietà, ottenuta con la regola degli incarichi a tempo determinato e con l’uso in percentuali abnormi dello strumento delle assunzioni senza concorso di dirigenti a tempo determinato. La  nostra associazione si è gia’ pronunciata sul punto, quando lo scorso anno la “decretazione Brunetta” (articolo 1, comma 15 del DL n. 80/2021) ha raddoppiato la percentuali dei posti riservati a contratti a tempo determinato (vedi qui il nostro documento). Sul punto si vedano qui anche le illuminanti osservazioni del prof. Bernardo Giorgio Mattarella. Per quanto riguarda l’immediato presente, si deve anche all’onesta e seria presa di posizione dell’on. Stefano Fassina  (vedi qui)  e della CGIL funzione pubblica (vedi qui ) se il Governo ha infine ritirato un emendamento al testo del DL 36 del sen. Daniele Manca che disponeva la sistemazione in ruolo dei dirigenti assunti senza concorso con contratto a tempo determinato (vedi qui col testo dell’emendamento poi ritirato). Sarebbe stata la vittoria definitiva di una forma di reclutamento della dirigenza italiana destinata non a persone di altissima professionalita’ e managerialita’ ma a parenti, amici e clientes. Da sottolineare infine che l’emendamento in questione era la riproposizione letterale di un altro uguale  presentato dallo stesso senatore un mese prima in occasione della conversione in legge del decreto n. 21 del 21 marzo 2022. Contro tale emendamento si erano già pronunciate diverse compagini rappresentative della dirigenza pubblica (vedi quii).

NORMETTINE A GRAPPOLO: qualunque tentativo di ricomporre a sistema una legge odierna sul pubblico impiego si infrange di fronte alle decine di normettine spot infilate qui e la’ su pressione di qualche lobby, la cui pericolosità è maggiore degli esiti prevedibili per le disposizioni “di sistema”. Visto da questo punto di vista, il decreto legge n. 36/2022 meriterebbe tanti discorsi a parte in ordine, fra le altre, alle disposizioni di cui agli articoli 7bis (Nucleo di Valutazione sull’impatto della regolamentazione), 10 (incarichi retribuiti ai pensionati da almeno due anni), 12 (potenziamento della Scuola Nazionale dell’Amministrazione), 14 (disposizioni in materia di Università e Ricerca), 15 (rafforzamento struttura ANPAL),  art. 15bis ( ulteriori funzioni dei Patronati) e, dulcis in fundo, 28 (costituzione della società  3P, cui andranno le attribuzioni in materia informatica già gestite dall’INPS, dell’INAIL e dall’ISTAT). Le normettine spot – che NULLA hanno a che vedere con i requisiti di necessità e urgenza che dovrebbero innervare le disposizioni di un decreto legge – assomigliano a quei bambini dell’immediato dopoguerra che di corsa si arrampicavano sui tram pubblici per non pagare il biglietto. Sulla pericolosità’ delle “normettine spot” del precedente decreto legge n. 80/2021 ha scritto esaurientemente il prof. Alessandro Bellavista (vedi qui “C’è del marcio in Danimarca?“).

Sull’impianto complessivo della produzione normativa dell’ultima “gestione Brunetta”, il giudizio rimane quello espresso dal prof. Sabino Cassese un anno fa (vedi qui): “nell’accordo coi sindacati i benefici sono solo per i dipendenti pubblici….mentre la pubblica amministrazione deve vivere non in funzione degli impiegati ma in funzione degli utenti“.

Giuseppe Beato

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