Anticorruzione – i whistleblower, uno strumento concreto per combatterla.

Lavoceinfo

Volendo essere “rozzi” fino in fondo, la legge n. 190 del 2012 ha prodotto sopratutto carte e atti-proclama sui programmi di trasparenza che ciascuna Amministrazione pubblica intende mettere in campo. Intanto la corruzione impera sovrana, i grandi scandali si susseguono con cadenza mensile e non si vede all’orizzonte alcun segnale di inversione di tendenza. Eppure esiste, nella legislazione anglosassone, una modalità di contrasto alla corruzione chiara ed efficace: la “soffiata tutelata”, volendo qualificare in un Italiano comprensibile la figura del whistleblower, sulla quale più volte ci siamo soffermati in questo sito (vedi articolo di Sonia Mecenate – clicca qui – e una rassegna della legislazione esistente – clicca qui).

Su questo tema pubblichiamo un link alla Voce.info, articolo di Vitalba Azzolini del 24 marzo 2015 – clicca qui – nella quale vengono analizzate le ritrosie moralistiche che impediscono che anche nella nostra legislazione venga introdotto questa fondamentale strumento di contrasto, che negli Stati Uniti consente di recuperare il 15-30% dell’importo complessivo recuperato dai fatti di corruzione scoperti.

Il legame fra leggi sbagliate e corruzione

CORRUZIONE  a norma di legge

Una tematica chiaramente emersa dagli ultimi scandali (Expo2015, Roma Mafia e Infrastrutture): quella del collegamento – della consustanzialità per meglio dire – fra disposizioni di legge “eccezionale”, superfetazione normativa e sistemi corruttivi in Italia.

Sul punto segnaliamo tre contributi di approfondimento:

1.il libro di Francesco Giavazzi e Giorgio Barbieri “Corruzione a norma di legge” (Vedi qui la breve intervista agli autori);

2. L’intervento del magistrato Carlo Nordio sul Mattino del 16 marzo scorso, nel quale viene sottolineato lo stretto collegamento fra le leggi esistenti, numerose, ingarbugliate, contraddittorie,incomprensibili e la facilità con la quale queste caratteristiche consentono di vessare un cittadino e un’impresa e/o di chiedergli un compenso illecito (leggi qui l’articolo).

3. l’analisi specifica, effettuata della nostra Associazione, sulla “legislazione di supporto” che ha consentito a EXPO2015 di derogare da tutte le norme di legge sugli appalti. (Vedi qui: EXPO’2015: il sistema degli appalti in deroga).

Scalfari – lo spoils system non è il rimedio.

SCALFARI

Eugenio Scalfari contro lo spoils system e capace di delineare il profilo storico della storia della mancanza di autonomia della pubblica amministrazione in Italia. Per chi ha una certa età – come chi scrive – il fondo della domenica  su La Repubblica costituisce un appuntamento di “sacralità laica”, come l’omelia dei sacerdoti nelle Messe domenicali. Figuriamoci poi se il celebrante ci intrattiene sulla tematica dello spoils system nella dirigenza pubblica italiana, sostenendo come noi  da sempre che “far ruotare i burocrati…é una proposta molto discutibile“!

                              Eugenio Scalfari 22 mar 2015 – come battere la coruuzione e come costruire la nuova Europa   

Giuseppe De Rita – Una politica debole senza una dirigenza pubblica forte.

De Rita

Riconosciamo al Corriere della Sera l’onestà intellettuale di aver pubblicato ieri il pensiero , come sempre lucido e folgorante, del prof. Giuseppe De Rita, presidente del CENSIS, a proposito del dibattito in corso, di scarsissima qualità, sui rapporti fra politica e burocrazia pubblica. Una politica che non possa contare su una sua oligarchia, su una tecnocrazia, su una buona burocrazia, è una politica letteralmente inerme, destinata a restare su un decisionismo di massima, talvolta puro esercizio di annuncio“.  Invece oggi la politica ritiene di poter salvaguardare la propria funzione  precarizzando la dirigenza pubblica (vedi qui).

 Corriere della Sera 10 mar 2015- De Rita: politica inerme senza la burocrazia

Dario Ciccarelli -Dall’uniformità alla differenziazione: il nuovo ruolo della dirigenza pubblica.


ciccarelli

Pubblichiamo un contributo del dr. Dario Ciccarelli – dirigente in servizio presso un ufficio territoriale del Ministero dell’Economia e Finanze – che argomenta intorno al  ruolo e all’ etica del dirigente pubblico attuale, in coerenza con quanto previsto e innovato nella Carta costituzionale con la riforma del Titolo V dell’anno 2001. In tale evento costituzionale Ciccarelli individua la soluzione di continuità normativa che separa un “modo” di direzione dei pubblici uffici statico, aproblematico, caratterizzato da impersonale uniformità al dettato astratto della legge (ubi consistam mutuato dallo Stato napoleonico, transitato a noi  attraverso il passaggio dello Stato sabaudo, poi fascista, poi post-fascista) ad un nuovo “modo”, coerente con il progetto organizzativo di Stato fondato dalla riforma costituzionale del 2001. Questo “nuovo modo” contempla l’affidamento della Pubblica Amministrazione ai dirigenti pubblici, non solo, ma una interpretazione del ruolo dirigenziale caratterizzata dalla capacità di “differenziazione“, cioè dalla sensibilità e dalle capacità del dirigente pubblico di operare a valle di una percezione della realtà politica-sociale-economica-istituzionale che gli vive intorno. Il “nuovo modo” di dirigere presuppone e impone che egli “esca dall’ufficio, frequenti le aziende, i lavoratori, le associazioni, i sindaci, la Politica, i professionisti, l’Università: diventi anzitutto amico della comunità che deve servire“. Da questa capacità di analisi e di comprensione delle “differenze”, discende la qualifica del “modello ideale” di un dirigente moderno come “dirigente differenziatore“.

Ciccarelli stesso riconosce nel suo scritto che il nuovo modello di dirigente “differenziatore” rischia di “rimanere sulla carta” e immagina alcuni percorsi legislativi – legge sullo Jobs act in primis – che possano favorirne il prevalere.  Ma l’ottimismo della volontà é lì sempre pronto ad infonderci una ragionevole fiducia. E’ giusto immaginare un nuovo modello di dirigente pubblico del nostro Paese che esca – contemporaneamente – dalle strettoie del “grigio burocrate” , ma che non sia neanche un “manager”(sic) a disposizione del politico di turno.

 Dirigenti differenziatori

Alfredo Ferrante – I limiti della dirigenza pubblica: una sana e necessaria autocritica.

Ferrante

Nella crisi endemica della pubblica Amministrazione italiana, uno dei leit motiv ricorrenti é costituito dalla critica, sempre acida e preconcetta, alla rigidità culturale e alla scarsa managerialità della classe dirigente di carriera. Al dr. Alfredo Ferrante dirigente ministeriale, nonché Presidente della Associazione ex allievi della Scuola superiore della PA (clicca qui), va dato il grande merito di non aver reagito con la classica “difesa d’ufficio” della categoria, ma di aver affondato il dito nella piaga analizzando onestamente e severamente il limiti e le debolezze di un certo “modo sbagliato” di porsi e proporsi del dirigente pubblico. Concordiamo per parte nostra non solo e non tanto sulla critica – che evidentemente non riguarda tutti, ma segnala un obiettivo polemico su cui riflettere – quanto sull’esigenza per la dirigenza pubblica di “farsi voce unica“, unico modo per ricevere ascolto e conquistare credibilità.

Vedi  di Alfredo Ferrante “Quella polvere sulle spalle della dirigenza pubblica”, pubblicato sul sito le Formiche.net (clicca qui)

Il petrolio, la guerra dell’ISIS e la caduta del suo prezzo.

Due approfondimenti curati da Antonella Crescenzi, rispettivamente, sul rapporto petrolio/guerra dell’ISIS e sugli effetti della caduta del suo prezzo.

 Il petrolio e la guerra dell’Isis

 Minore prezzo del petrolio

Scuola – La relazione di Giorgio Rembado al X Congresso nazionale di ANP

ANP          rembado

Pubblichiamo la relazione introduttiva, tenuta dal Presidente di ANP (Associazione italiana presidi), prof. Giorgio REMBADO al Congresso dello scorso dicembre 2014. Ci sembra un documento utilissimo per la profondità delle analisi del profilo storico della situazione attuale della scuola italiana: esilarante, se non ci fosse da piangere, la ricostruzione puntuale che Rembado fa di tutte le iniziative di “abolizione del precariato nella scuola” del dopoguerra ad oggi (pag. 7), a dimostrazione della perenne incapacità riformatrice delle classi dirigenti succedutesi nel tempo e del loro rifugiarsi perpetuo in provvedimenti di sanatoria  debole e abborracciata del disordine amministrativo prodotto in precedenza.  Ricca, articolata e argomentata è anche la posizione espressa nella relazione relativamente al disegno riformatore del Governo Renzi (vedi qui “La buona scuola: facciamo crescere il Paese”del settembre 2014): il documento sviluppa alcune condivisibili proposte di riforma, tutte sostanzialmente orientate alla valutazione del merito (di professori e dirigenti scolastici) all’autonomia delle scuole e alla valorizzazione effettiva dei poteri e delle prerogative del dirigente scolastico (il buon vecchio Signor Preside della nostra giovinezza). Tutta proposte – come giustamente ricordato in relazione – che altro non fanno che ispirarsi ai modelli generalmente adottati in tutta Europa (Vedi in questo sito L’autonomia scolastica e il ruolo della dirigenza in Europa).

Condivisibile l’esigenza manifestata dall’Associazione maggiormente rappresentativa dei dirigenti scolastici di una sostanziale equiparazione dello status giuridico ed economico del dirigente scolastico a quello dei dirigenti amministrativi: le responsabilità e i poteri di carattere squisitamente gestionale e la immediatezza con quali questi poteri incidono sulla conduzione e sulla qualità degli andamenti di ciascuna singola scuola (dei nostri figli) richiedono ben altra attenzione e considerazione. Da evitare come la peste, tuttavia, la rivendicazione di tali prerogative in forme contrappositive o di concorrenza alla dirigenza amministrativa, ugualmente strategica per l’avvenire della pubblica amministrazione del paese  (citiamo per tutte l’osservazione a pag 5:” A ben vedere, il vero dirigente gestionale a tutto tondo nelle pubbliche amministrazioni è quello della scuola, in quanto chiamato ad assumere quotidianamente decisioni in ambiti scarsamente regolati dalla norma; il che chiama in causa le sue competenze decisionali ed il suo ruolo di terminale verso l’esterno dell’Amministrazione. Al confronto, il dirigente amministrativo – oltre ad avere un incarico nella media molto meno ampio e gravoso – si muove all’interno di un sistema di regole e procedure quasi tutte definite a priori, nel quale sono esercitate soprattutto funzioni di adempimento e di conformità.).Si potrebbero ricordare quei dirigenti di alcuni Enti pubblici (INPS per esempio, oppure Agenzia delle entrate) chiamati magari a dirigere l’ufficio di Roma Casilino, con 100.000 utenti e 500 accessi quotidiani agli sportelli, oppure i dirigenti  titolari di poteri diretti di spesa e di gestione del personale, chiamati, magari dopo anni dal loro pensionamento, a rispondere alla Corte dei Conti per responsabilità per danni sempre emergenti dal fatto di aver esercitato la propria funzione dirigenziale . Brutta cosa contrapporre una categoria di dirigenti ad un’altra, soprattutto in una situazione storica in cui la dirigenza pubblica nel suo complesso é debolissima, divisa e sottoposta ad attacchi politici e giornalistici all’essenza stessa di titolare di missione pubblica che la Costituzione le assegna. Non si deve, a parer nostro, fraintendere l’obiettivo polemico quando si stigmatizza giustamente un ritorno al “centralismo burocratico” (pag 8): la “vocazione all’immobilismo” va ascritta non tanto alla dirigenza statale (che evidentemente non è in alcune sue parti immune a questo difetto, ma che poco pesa e poco conta), quanto ai ceti dirigenti politici e sindacali (che invece pesano e contano moltissimo) che si sono susseguiti in ultimo nel passato ventennio. Quando c’è una reale e intelligente volontà politica riformatrice (ricordiamo per tutte la riforma della Direzione generale del Tesoro operata negli anni ’80 dal Ministro Beniamino Andreatta e da Mario Sarcinelli, che “rivoltò” completamente una struttura “burocratica” rendendola un centro amministrativo di prim’ordine dove sono passati Mario Draghi, Vittorio Grilli e dove opera Maria Cannata al debito pubblico, che elabora e produce per Parlamento, Governo e Paese i documenti di macroeconomia e di finanza pubblica) le piccole, micragnose e “raccomandate” resistenze individuali o di cricca crollano come le mura di Gerico. Ma dov’è oggi un ceto politico all’altezza di queste sfide?

 X Congresso nazionale ANP_Relazione introduttiva del prof. Giorgio REMBADO

 

Alessandro Bellavista: considerazioni sulla riforma del Governo Renzi sulla Pa.

Alessandro Bellavista é professore ordinario di diritto del lavoro all’Università di Palermo, nonché esperto di problematiche attinenti al rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici.

Pubblichiamo qui un suo  studio – a beneficio della nostra associazione – intorno ad alcuni aspetti della cosiddetta riforma Renzi-Madia – D.L. n. 90/2014, convertito, con modificazioni nella legge n 114/2014 (clicca qui) e ddl n 1577/2014 (clicca qui).

L’analisi del professor Bellavista si concentra in particolare sulle misure riguardanti il mondo universitario e ne evidenzia le non poche aporie e incoerenze.

 Bellavista – Alcune considerazioni su riforma Pa

L’ Associazione Classi Dirigenti Pa al nostro convegno del 29 gennaio.

Agdp

L’Associazione Classi dirigenti delle Pubbliche amministrazioni (AGDP – vedi sito web) è stata presente al nostro convegno del 29 gennaio scorso sulla “Riforma delle pubbliche amministrazioni” (vedi) ed è intervenuta per voce di un suo Rappresentante, nella persona del dr. Giuseppe Conte. AGDP ha inoltre prodotto un documento di critica alle posizioni espresse da Nuova Etica Pubblica nell’occasione, che pubblichiamo qui volentieri. Pur nella distinzione delle sensibilità in ordine ad alcuni punti, ci paiono comuni e fortemente sentite alcune idee cardine: l’esigenza di dedicare alla riforma delle Pubbliche Amministrazioni  tempi e qualità di intervento molto più attenti di quello che è stato  finora, la centralità dei processi di valutazione nel funzionamento di una Pa veramente al passo con i tempi e con le esigenze dei cittadini, la centralità del problema di una dirigenza autonoma e imparziale. In quest’ultimo senso sono preziosi gli articolati richiami alla giurisprudenza costituzionale presenti nel documento di AGDP, che dovrebbero “fare stato” nella gestione delle Amministrazioni Pubbliche e che, invece, giacciono lì abbondantemente inapplicati e scarsamente rispettati dai vari ceti politici al vertice delle Pubbliche amministrazioni.

AGDP – La Pubblica Amministrazione come asset e non come costo.

CIAMPI – il ruolo della dirigenza pubblica

ciampi

A ventiquattr’ore dal giuramento del nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ci piace rievocare le parole di un suo predecessore, Carlo Azelio Ciampi, pronunciate nell’ottobre 2002 alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. Il valore e l’attualità di quelle parole è intatto. Tre concetti su tutti: 1. immissione annuale di nuove risorse dirigenziali (“vendemmia”) nel corpo della Pubblica amministrazione; 2. formazione continua nel corso di tutta la carriera dirigenziale.

Il terzo concetto, attinente al ruolo specialissimo del dirigente pubblico e affermato da chi fu a sua volta dirigente pubblico, va riportato integralmente: ” Per quanto riguarda i dirigenti e, in generale, i funzionari dello Stato troppo spesso si è parlato, a mio avviso impropriamente, di “privatizzazione” del rapporto di lavoro con la Repubblica. La contrattualizzazione degli incarichi, o il passaggio al giudice ordinario delle cause di lavoro, non possono, non debbono far venir meno un qualcosa che è nell’essenza stessa della funzione pubblica: servire la Nazione, con orgoglio e con dignità. Lavorare per la comunità nazionale con responsabilità è attività che non può essere assimilata ad altri tipi di impiego.

Questo modo di leggere il ruolo del dirigente pubblico é stato – troppo spesso e molto scorrettamente – posto in antitesi con il modello del “dirigente manager”, come se un dirigente pubblico, per definizione, non sia in grado di operare con metodi e criteri manageriali. Concezione farisea finalizzata a privilegiare un’accezione del ruolo più consona all’idea del dirigente “esecutore smart” , prono al volere del politico di turno. L’opposto di ciò che prevede la Costituzione e di ciò che rappresenta per tutti l’esperienza di vita di Carlo Azelio Ciampi.

 discorso CIAMPI

Guido Calabresi: il funzionamento della Giustizia U.S.A.

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Guido Calabresi è un giurista italiano figlio di oppositori al fascismo fuggiti negli Stati Uniti nel 1939, poi naturalizzato statunitense, fondatore dell’analisi economica del diritto. Nel 2012 egli ha tenuto a Macerata tre lezioni riguardanti l’organizzazione delle corti di giustizia federale negli Stati Uniti, la forma e il ruolo delle sentenze giudiziarie all’interno di un sistema federale e il rapporto che intrattiene con la pena di morte un giudice ad essa decisamente contrario. Continua a leggere

Saggio di Guido Melis – Una burocrazia all’altezza dei tempi.

Cerini

Non si può raccogliere ciò che non si semina. In un rapido saggio pubblicato sulla Rivista Italianieuropei n 6/2014   Guido Melis passa in rassegna e analizza i vari tentativi di riforma della pubblica amministrazione italiana, non solo nel secondo dopoguerra: l’Italia non ha mai avuto  una seria impostazione di riforma della sua pubblica amministrazione, sostanzialmente per la grande disattenzione delle classi politiche succedutesi nel tempo. Ma oggi, forse, si sono prodotte le condizioni storiche perché tale “evento” (la riforma cioè) accada.

 L’amministrazione italiana si può e si deve riformare

L’economia della nazione – Antonella Crescenzi

Antonella Crescenzi – indice ed estratto

E’ uscito nelle librerie un volumetto tascabile di 140 pagine scritto per la casa editrice della Luiss da Antonella Crescenzi, già dirigente del MEF alla Direzione generale del Tesoro.
Si tratta della nuova collana “Piccole Introduzioni Luiss”, dal formato ridotto e dal prezzo molto contenuto (8 euro) che si propone di affrontare temi complessi delle scienze sociali in modo accessibile ma rigoroso.
Il volumetto intitolato “L’economia della nazione” cerca di spiegare che cos’è l’economia, come funziona il sistema economico e sintetizza anche le principali questioni dell’economia italiana (tra cui ovviamente gli squilibri di genere). Il tutto è espresso il più possibile con parole semplici, con esempi pratici, schemi e grafici. Con intento didattico e divulgativo.

WTO e Unione europea: incompatibilità di sistemi?

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Dario Ciccarelli è un dirigente pubblico, già rappresentante per l’Italia del Ministero del Commercio con l’estero presso l’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO). Nel suo recente libro, la cui copertina si riproduce qui sopra, l’Autore espone una tesi esplicitamente dirompente che riportiamo con le sue stesse parole: “..poiché sussiste una palese incompatibilità, fisica ancor prima che giuridica, fra l’Organizzazione mondiale del Commercio e l’Unione europea, occorre prendere atto che il 15 aprile 1994 il Trattato istitutivo dell’Organizzazione mondiale del Commercio cancellò la ragion d’essere dell’Unione europea e abrogò i trattati comunitari. Per l’ìItalia a tale abrogazione provvedeva la legge n. 747 del 29 dicembre 1994 con la quale il Parlamento italiano ratificò il trattato istitutivo dell’OMG-WTO.” La radicalità di questa posizione, più che alle speculazioni politiche che potrebbero essere imbastite sul punto se una tesi siffatta ricevesse ulteriori consensi sul suo fondamento “filologico-giuridico” (sul punto si vedano anche le opinioni di noti giuristi, riportate dall’Autore sull’articolo di sintesi del suo pensiero pubblicato nell’aprile 2014 sulla “Rivista della cooperazione giuridica internazionale” – vedi qui) , a noi ha fatto pensare immediatamente alla dimostrazione storica, operata da Lorenzo Valla nel ‘400, della falsità della “donazione di Costantino“, atto giuridico apocrifo del 315 d.C. sul quale si era fondato l’intero impianto giuridico del potere papale del Medio-Evo. Lungi dall’intento di schernire con questo richiamo la tesi giuridica dell’Autore, il paragone intende piuttosto riportare questi argomenti in un contesto di lettura storica e politologica: qualunque impianto giuridico formale – in ispecie quelli regolatori, non di un territorio geografico definito, ma del “mondo” – soffre quasi per definizione della difficoltà di “rappresentare”, di “racchiudere in sé ” , di “porre in equilibrio” la molteplice varietà di interessi e di complessità che cerca di regolare. Ancora più multiforme si manifesta un panorama giuridico nel quale sono in campo 159 Stati (il WTO),  27 dei quali sono vincolati fra loro da un altro trattato “specifico” (L’Unione europea). L’apporto che il giurista può e deve arrecare in tale contesto è quello dell’immissione della razionalità del pensiero – che si fa norma – nella complessità del reale. In questo senso risulta prezioso, non solo il pamphlet che ci regala Dario Ciccarelli, ma anche il dibattito di altissima qualità che ne é seguito fra giuristi e politici, in occasione della presentazione del libro alla Camera  dei Deputati lo scorso 29 ottobre 2014 – vedi Programma ufficiale . Pubblichiamo la registrazione integrale del dibattito assunta dal sito  salvo 5 punto zero – clicca qui.

Oltre ai molteplici spunti su questioni fondamentali di diritto internazionale, pare di toccare con mano anche in questa occasione un dato, di natura giuridica ed extra-giuridica insieme: l’insofferenza e i dubbi che si addensano nel pensiero dei più su un impianto  – quello dell’Unione europea- che è sostanzialmente caratterizzato da “cessioni progressive” di sovranità nazionale: “la sovranità si cede in toto, nella sua integralità, oppure no” ha opportunamente osservato Augusto Sinagra. La verità che ci consegna l’onesta valutazione dell’esistente è quella di un ordinamento giuridico federale incompiuto, perennemente in mezzo al guado, che nel periodo più ambiguo della sua storia si presenta come un mostriciattolo inconcludente, gestito da una congrega di soggetti statali e nazionali diffidenti uno dell’altro. Un panorama indegno delle giuste ambizioni di Altiero Spinelli e dei  Padri fondatori dell’Europa unita.

Giuseppe Beato

La politica e il regime degli incarichi dirigenziali – Valerio Talamo

Valerio Talamo

ASCOLTA L’AUDIO DELL’INTERVENTO DI VALERIO TALAMO AL CONVEGNO DEL 28 MAGGIO 2014

Pubblichiamo l’intervento al Forum della PA 2014 del dr. Valerio Talamo, da iscrivere fra le analisi più lucide mai effettuate sul rapporto fra politica e dirigenza pubblica nel nostro Paese. Continua a leggere

Angelo Giubileo – TFR in busta paga

TFR

Il dr. Angelo Giubileo, esperto di previdenza complementare, fornisce un contributo di conoscenza tecnica al dibattito in corso sulla possibilità dei lavoratori privati di richiedere in busta paga le quote di accantonamento del Trattamento di Fine Servizio, fino ad oggi obbligatoriamente trattenute sulla loro retribuzione. Per parte nostra osserviamo che l’architrave della previdenza pubblica è stato sempre ed è l’obbligatorietà delle ritenute contributive: finite quelle, finita la previdenza pubblica.

 Angelo Giubileo 2014 – Le insidie del TFR in busta paga

Gianfranco Rebora – Performance management

Rebora

Il prof. Gianfranco Rebora é ordinario di Organizzazione e gestione delle risorse umane al Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo di Castellanza (VA), nonché Presidente dell’Organismo interno di valutazione del MIUR. La sua doppia veste di studioso e di “operatore” nel campo della valutazione delle performance di uffici pubblici lo ha indotto a fare il punto sulla materia in questione, partendo dall’innesco impresso dal decreto legislativo n 150 del 2009. Con uno sguardo attento alle elaborazioni internazionali, Rebora   non solo riafferma – semmai ce ne fosse bisogno – il persistente “stand by” del performance management in Italia, ma ne cerca le cause e ne propone i rimedi. il termine inglese da lui usato, molto signorile, per qualificare le distorsioni esistenti nei metodi di misurazione delle performance é “gaming“. Noi, più prosaicamente, preferiremmo tradurre in “autoreferenzialità” nella scelta degli indicatori e nelle modalità di misurazione. Rebora, invece, in modo più sistematico, offre argomenti epistemologici relativi a “colui che osserva” e all'”oggetto dell’osservazione”, tali per cui il “misurare”, lungi dall’essere un’azione oggettiva in sé , permea e, quasi sempre, influisce sull’oggetto osservato, soprattutto quando tale “oggetto” è costituito dai comportamenti umani all’interno di un’organizzazione aziendale. La proposta per ridimensionare il “gaming” ci riporta su un concetto assai sviluppato in altri Ordinamenti amministrativi (su tutti la LOLF francese): l’utilizzo di indicatori di outcome, rilevati da istituti indipendenti rispetto alle amministrazioni oggetto di osservazione. Ricordiamo che su questa linea era ed è anche attestato il CNEL, con il programma, attivato in sinergia con l’ISTAT, di realizzazione di un portale della pubblica amministrazione contenente una estesissima messe di dati relativi alla qualità dei servizi resi dalle varie branche dalla PA (clicca qui per approfondire).

 La nuova riforma della Pa e il fascino discreto del performance management – Gianfranco Rebora 2104

Storia giuridica delle società partecipate.

C’erano una volta le “società municipalizzate”, istituite con il Regio decreto n. 2578 del 1925: erano aziende comunali pubbliche con organizzazione squisitamente industriale, a diretto controllo dei Consigli comunali e con al vertice un direttore. Le società del gas dell’acqua, dell’elettricità, dei trasporti sono state gestite per 65 anni con questa forma giuridica, fino all’emanazione della Legge n. 142 del 1990. Continua a leggere