Basta con le valutazioni burla.

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Il servizio di Report del 19 aprile scorso (vedi qui sotto) sulle modalità di valutazione delle performance della dirigenza in alcune Amministrazioni statali, regionali e comunali non ci consente di fare “spallucce”, né di cavarcela con una recriminazione “contro politici, sindacati e media, prevenuti contro la dirigenza pubblica”. Va data un’altra risposta, all’altezza di un ceto che rivendica l’orgoglio di essere “dirigente”.

Le evidenze che consegna quel servizio, pur se limitabili alle sole amministrazioni pubbliche analizzate, sono: a) obiettivi assegnati del tipo: “atti siglati nel corso dell’anno”, “delibere da far pervenire entro cinque giorni agli Organi di vertice” , “numero di protocolli esitati“, “visite al nuovo palazzo della Regione” , “numero di riunioni alle quali si partecipa“, obiettivi dell’anno assegnati nel mese di dicembre;  b) premi distribuiti a pioggia e in ugual misura ai dirigenti di ciascuna Amministrazione.

Diciamo subito che questa non è la realtà di tutte le Amministrazioni pubbliche e in questo c’è un sicuro eccesso di giacobinismo del servizio di Report in questione, che affonda l’analisi solo sui fenomeni negativi, senza dare conto delle tante realtà virtuose esistenti.

Tuttavia, è nostro dovere porci due domande: 1) quanto è esteso questo fenomeno? 2) Quale legittimazione emerge a favore della dirigenza  agli occhi dell’opinione pubblica ?

Onestà vuole che alla prima domanda si risponda che il fenomeno è presente in un numero, diremmo preponderante, di amministrazioni pubbliche. Quindi è un fenomeno di sistema. Alla seconda domanda ci sentiamo di rispondere che la dirigenza pubblica non acquisterà titolo a proporsi come vero ceto “dirigente” del Paese se non rivendicherà con forza – in prima persona e come proprio interesse specifico di categoria – la fine di un ventennio di sistemi di valutazione “burla” e l’introduzione di veri sistemi di valutazione dell’operato e dei risultati conseguiti dai singoli e da ciascuna singola Amministrazione, in termini di “risultati utili alla collettività“.

Intorno al tema della valutazione, di cui nel ddl 1577/2014 c’è poco e niente , si gioca l’intera partita della dirigenza pubblica italiana, perché quel disegno di legge dà una risposta alla crisi esistente in termini di pura precarizzazione del rapporto di servizio e di abolizione delle burocrazie professionali. Ciò non risolverà alcuno dei problemi in campo, anzi li aggraverà. Invece, la nostra Associazione e l’Associazioni allievi SNA e AGDP sono entrate nel dibattito con proposte in positivo di riordino delle Pubbliche amministrazioni, decisive fra le quali quelle attinenti al tema della valutazione: abbiamo proposto di  “introdurre in ciascuna pubblica amministrazione la funzione di auditing curata da soggetti pubblici indipendenti, favorendo la partecipazione della società civile organizzata, col compito di verificare la funzionalità dei controlli ai fini del rispetto della legalità e del contrasto della corruzione, dell’efficacia e qualità dell’azione pubblica e dell’efficienza, anche riguardo agli obiettivi di risparmio di spesa” (vedi documento sulla riforma Madia). La valutazione dell’operato delle singole Amministrazioni e dei suoi dirigenti dovrà costituire il parametro principale di riferimento, visibile a tutta la collettività, dei risultati conseguiti e della legittimazione di ciascuno a mantenere o ad abbandonare il posto di responsabilità affidatogli.

Tanto per uscire dalle declamazioni di principio, le prospettive concrete proposte sono: a) Un’Autorità nazionale indipendente, dotata di cospicue risorse professionali nelle discipline, statistiche, organizzative, che definisca per ciascun tipo di Amministrazione pubblica obiettivi di performance coerenti con la missione istituzionale e le funzioni loro attribuite. b) la distribuzione per quota parte di tali obiettivi alla dirigenza di ciascun ente, cosa che, fra l’altro, consentirà di rilevare – proprio attraverso il peso specifico degli obiettivi  assegnati – l’effettiva rilevanza e utilità dei diversi uffici; c) assegnazioni degli obiettivi con lo stesso atto di deliberazione del bilancio preventivo (si fa così, per esempio, in Francia – vedi qui funzionamento della LOLF), con assegnazione del relativo budget di spesa da gestire a responsabilità esclusiva di ciascun dirigente; d) attribuzione dei premi e degli incentivi effettuata da Organi pubblici indipendenti, quindi non interni all’Amministrazione di appartenenza, non retribuiti e non prescelti dall’Amministrazione valutata….altrimenti si ricade nella fallimentare esperienza degli Organismi indipendenti di valutazione (OIV) creati dal “decreto Brunetta” del 2009, l’attività dei quali non ha manifestato alcuna capacità di invertire la tendenza generale segnalata da Report.

Il dibattito è aperto e tutti noi confidiamo di trovare finalmente un ascolto attento alle proposte di un’ingente parte della dirigenza pubblica attuale che non intende più nascondersi dietro la propria scrivania, ma essere attrice e protagonista nelle vicende della comunità nazionale.

Giuseppe Beato

Report – puntata del 19 aprile 2015

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