PNRR – i reclutamenti per chiamata diretta.

Anche i media che “vanno per la maggiore”, come il settimanale L’Espresso, iniziano parlare di pubblica amministrazione. Lo fanno buttandola sul gossip e sulla chiacchiericcio politico spicciolo, come l’articolo della scorsa settimana che qui riprendiamo. Spiegate male dal punto di vista dei principi costituzionali contraddetti, tuttavia le affermazioni del titolo – “chiamate dirette, limiti cancellati, norme meno stringenti” – sono utili per mettere in risalto che qualcosa di anomalo sta accadendo. Tuttavia, il taglio politichese, tutto concentrato sulle “botteghe” di questo o quel ministro in carica, impedisce di capire che TUTTO il ceto politico di questo Paese è compatto nell’eludere nei fatti i principi di trasparenza e merito nel reclutamento in corso di dirigenti, professionisti ed “esperti” per l’attuazione del PNRR.

Con la presunzione di spiegare un po’ più chiaramente del giornalista Carlo Tecce come stanno le cose, facciamo il punto.

Il decreto legge n. 80 dello scorso 9 giugno 2021 ha inteso regolare le modalità di assunzione di personale qualificato che sia professionalmente in condizione di supportare l’enorme responsabilità di dare attuazione ai progetti contenuti nel PNRR, sia nelle amministrazioni centrali che in quelle territoriali. Alla bisogna, il decreto (in seguito convertito dal Parlamento con legge  n. 113 del 6 agosto 2021) ha disposto sia le deroghe necessarie sul piano dei posti disponibili, sia quelle di impegno finanziario (si veda l’articolo 1). Il punto più qualificante tuttavia era un altro: quello della reperimento e della scelta delle risorse manageriali e professionali sul vasto mercato, non solo dei funzionari pubblici in servizio, ma anche nel mondo imprenditoriale e professionale privato.

Ebbene, i fausti annunci di totale apertura alle migliori energie del Paese più volte profferiti dal ministro Brunetta e rappresentati per iscritto sul sito del suo Ministero della Pubblica Amministrazione (vedi qui) sono “bugie dalle gambe corte”. Vediamo perchè.

  1. Il reclutamento di dirigenti con contratto di lavoro a tempo determinato: la modalità previste sono riprese in toto dalle norme dall’ordinamento  degli impiegati pubblici (l’articolo 19, comma 6 d lgs 165:2001 – vedi qui il testo): il vertice politico-amministrativo delle amministrazioni pubbliche (Ministri, Presidenti, Sindaci) sceglie a suo totale arbitrio “persone di  particolare  e  comprovata  qualificazione professionale, non rinvenibile nei  ruoli  dell’Amministrazione,  che abbiano svolto attivita’ in organismi  ed  enti  pubblici  o  privati ovvero aziende pubbliche  o  private  con  esperienza  acquisita  per almeno  un  quinquennio  in  funzioni  dirigenziali“.  Questa disposizione esiste da circa 20 anni ed è in contrasto con l’articolo 97 della Costituzione che prescrive concorsi pubblici per l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni. Il principio del concorso pubblico, ben diversamente dall’essere un inutile orpello, consentirebbe di evitare ciò che in concreto accade quasi sempre: con salvezza di quegli amministratori (pochi) che operano secondo equità, il vertice politico può individuare una figura “fiduciaria” che sia particolarmente permeabile alle richieste che perverranno dal livello politico, comportandosi di conseguenza. Quanto a dire che questa modalità di reclutamento non ha nulla a che vedere con il ricorso alle migliori professionalità manageriali private, ma si presta fondamentalmente all’organizzazione di affari “spiccioli”. In altro modo, un reclutamento preceduto da una selezione pubblica consentirebbe a professionalità provenienti sia dal mondo pubblico che da quello privato di concorrere democraticamente per la scelta del soggetto migliore dal punto di vista professionale; invece l’assenza di questo passaggio lascia aperto un varco enorme agli appetiti politici di un partito (qualunque partito) al potere (ministeriale o municipale). Il comma 15 dell’articolo 1 del decreto legge del luglio scorso porta la seguente insopportabile aggravante: che le percentuali prima esistenti (10% sulla dotazione organica dirigenziale dei ministeri e 30% su quella dei comuni) vengono RADDOPPIATE per gli incarichi in questione, validi fino all’anno 2026. Con tanti saluti ai principi di meritocrazia e di imparzialità delle scelte gestionali, a presidio dei quali la Costituzione prevede lo strumento del concorso pubblico.
  2. Il reclutamento di “professionisti”, “esperti” e “personale in possesso di alta specializzazione”: qui la beffa è ancora più cocente per giovani in gamba o qualsivoglia professionalità pubblica o privata esistente sul mercato. Il comma 5 dell’articolo 1 del decreto legge in discorso ha previsto l’istituzione di “uno o più elenchi” professionali ai quali possono iscriversi gli aspiranti a un lavoro, elenchi distinti a secondo delle diverse specializzazioni necessarie. Il dm 14 ottobre 2021 (vedi qui) definisce ciascuna delle tre figure lavorative previste’ prevedendo le procedure semplificate per il reclutamento attraverso due forme di rapporto di lavoro: il rapporto di collaborazione con contratto di lavoro autonomo e il contratto di lavoro a tempo determinato. Qui casca l’asino! Quali prospettive professionali per i prescelti? Presto detto: il rapporto di collaborazione previsto dall’ordinamento dell’impiego pubblico è a carattere temporaneo e non rinnovabile (articolo 7, comma 6, del d. lgs. 165/2001), con compensi non certo superiori ai magri guadagni reperibili nel mondo privato.  Chi invece otterrà un contratto di lavoro a tempo determinato – al più estensibile fino alla data di scadenza dell’attuazione del PNRR- godrà di uno stipendio annuo lordo base di circa 24.000 euro (vedi qui). Domanda: quale professionista, esperto o giovane laureato di livello alto potrà mai aspirare a simili prospettive di lavoro?  Anche in questo caso non sono attratti i migliori, ma chi è costretto ad accontentarsi.

Questi gli aspetti che doveva sviscerare l’articolo de L’Espresso che qui sotto riprendiamo! Perché, con buona pace dei destini dei politici lì citati, qui, oltre alla fiducia delle persone, è in ballo l’esito finale positivo dell’intero Piano di Ripresa e Resilienza, che la gran maggioranza degli italiani si augura vada a buon fine. Le disposizioni sopra commentate lo mettono a rischio.

Giuseppe Beato

 Tutti al Ministero – L’Espresso

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