Nuovo codice antimafia: il sequestro dei beni agli indiziati del reato di corruzione

Il sentimento esacerbato di larghi strati dell’opinione pubblica nei confronti delle politica e della pubblica amministrazione é attualmente, purtroppo, un fatto acquisito. Ma i sentimenti di rabbia e di rivalsa sono e rimangono emozioni futili e passeggere se non si traducono in programmi adeguati a correggere strutturalmente le storture esistenti.

In compenso, sono enormi i danni che produce una demagogia che sfrutta la rabbia dei più con misure che vellicano la pancia dell’opinione pubblica, ma non risolvono nulla, anzi arrecano danni ingenti a un ordinata convivenza civile basata su regole equanimi, vigilanza efficiente e  pene commisurate alla gravità degli illeciti commessi. Una riflessione di questo tipo va sicuramente effettuata sulla recente equiparazione dei reati di corruzione, associazione a delinquere e stalking alla normativa antimafia in relazione alla possibilità di sequestro dei beni nella fase indiziaria del giudizio penale instaurato. In altri termini la normativa antimafia in vigore dai tempi dell’eroica battaglia di Pio La Torre sulla confisca dei beni dei mafiosi – normativa di natura eccezionale –  é stata estesa per legge  a soggetti che si rendano colpevoli del reato di associazione a delinquere finalizzati a compiere delitti contro la pubblica amministrazione.

Siamo convinti che, meglio che esprimere un parere nel merito (ne richiamiamo diversi più in fondo), sia sufficiente rinviare all’articolo 1, comma 1 del ddl n. 2737 di legge definitivamente approvato dalla Camera dei deputati ((vedi qui testo integrale composto da 38 articoli) lo scorso 27 settembre (vedi qui iter).  L’articolo in questione va posto in connessione con l’articolo 416 del codice penale, l’associazione a delinquere – vedi qui il testo.-: il reato in questione si perfeziona quando tre (o più) persone si associano per commettere più delitti. Norma di legge sacrosanta, che tuttavia si riferisce , tanto per capire, anche a persone del tipo dei protagonisti dei “Soliti ignoti” di Monicelli, oppure a tre balordi che si mettano d’accordo per rubare automobili o scassinare appartamenti. L’articolo 1, comma 1, della legge lega la misura del sequestro dei beni in fase indiziaria all’associazione a delinquere “finalizzata alla commissione di taluno dei delitti di cui....”. Vediamo questi delitti:

  1. Peculato (art. 314 c.p. –vedi qui). E’ il caso del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che si appropria di danaro pubblico;
  2. Peculato per errore altrui (art. 316 vedi qui ). E’ una specificazione della fattispecie del peculato che attiene sempre al pubblico ufficiale che “si giova di un errore compiuto” da altri per appropriarsi indebitamente di danaro o altra utilità;
  3. Malversazione su contributi e sovvenzioni (art. 316 bis vedi qui). Attenzione! questo è un reato “comune”, cioè riguarda non solo pubblici ufficiali ma “chiunque abbia ricevuto sovvenzioni e finanziamenti da ente pubblico o dalla comunità europea non destinandoli poi alle finalità per le quali sono stati erogati;
  4. Falso e truffa per ottenere finanziamenti (art. 316 ter  – vedi qui) : anche questo reato non è fra i delitti commessi da pubblici ufficiali, ma riguarda “chiunqueproduca documenti falsi per ottenere un finanziamento dello Stato o della UE: un caso classico é quello di un soggetto che ottenga finanziamenti indebiti in seguito a un terremoto o un’alluvione.
  5. Concussione (art. 317 c.p. – vedi qui). Reato classico del pubblico ufficiale che “costringe taluno a dare o a promettere indebitamente denaro o altra utilità“,
  6. Corruzione (art. 318 c.p.- vedi qui). Pubblico ufficiale o dipendente pubblico che “per l’esercizio delle sue funzioni… riceve indebitamente denaro o altra utilità“; art 319 c.p. (vedi qui) fattispecie simile alla precedente,  che riguarda pubblici ufficiali e impiegati incaricati di pubblico servizio che adottino un “atto contrario ai doveri d’ufficio”;
  7. Corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter – vedi qui) . Abbiamo avuto modo di prendere confidenza con questo reato in occasione del cosiddetto “processo delle Olgettine“;
  8. Induzione a promettere (art 319 quater vedi qui). Rispetto al reato di concussione, è sufficiente in questo caso la condotta del pubblico dipendente che “induce a promettere…denaro o altra utilità”;
  9. Estensione al soggetto privato corruttore delle pene stabilite per corruzione (art. 321 c.p.vedi qui.):anche qui il potenziale trasgressore può essere “chiunque” entri in rapporto con un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (cioè qualunque dipendete pubblico);
  10. Istigazione alla corruzione (art. 322 c.p. – vedi qui): anche qui il reato riguarda “chiunque….offre o promette denaro o altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio“;
  11. Estensione soggettiva dei reati di cui sopra a membri del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia europea, della Commissione U.E., ai funzionari U.E:, ai giudici U.E. o di altri Stati membri che svolgono funzioni analoghe a quelle dei nostri pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio (art. 322 bis c.p.- vedi qui).

Non tralasciamo dall’elencazione di cui sopra il reato di stalking – vedi qui – perché – pur nella chiara improprietà di collocazione – ci mostra con evidenza l’ispirazione di fondo di questa disposizione di legge: la reazione scomposta di fronte a reati odiosi e invisi a tutta l’opinione pubblica e di fronte ai quali i normali mezzi di contrasto di cui dispone uno Stato di diritto sono impotenti.

Di fronte all’incapacità di reprimere questi delitti, gli eletti del popolo  reagiscono in maniera “arcaica”  inasprendo in maniera sconsiderata le sanzioni previste. L’elemento fondamentale che rende orribile questa disposizione di legge è che – ben lungi dall’essere applicata a soggetti condannati (magari solo in primo grado) – si applica a “soggetti indiziati“. Se questo criterio d’azione entra con fatica nello stato di diritto nel caso dei mafiosi, per gli altri delitti sopra ricordati consente a un procuratore che sbaglia o che agisce sulla base di intercettazioni ambientali o telefoniche male interpretate o, comunque, di testimonianze farlocche di rovinare letteralmente una persona: non solo un pubblico dipendente, come credono i populisti , ma un qualunque cittadino le cui conversazioni con altri due concittadini siano state registrate e travisate, senza processo e senza prove: é sufficiente la proposta di un questore o di un procuratore della Repubblica e il deliberato, entra 30 giorni, del Tribunale competente.

Non pare il caso di aggiungere altro, se non le opinioni favorevoli ( Rosy Bindi , Presidente della Commissione parlamentare anti-mafia – vedi qui – e Marco Travaglio che ha affermato che è giusta “ma che non sarà mai attuata”, chissà perché) e quelle contrarie ( Sabino Cassese vedi, Luciano Violante vedi – e , soprattutto, Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione –vedi qui ) all’approvazione di questa legge. Ci piace qui aggiungere anche una nostra non nuova proposta di reazione sistematica ed efficiente al fenomeno della corruzione nelle pubbliche amministrazioni: il ripristino dei controlli pubblici esterni sugli atti di spesa: sono poche le persone al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori a sapere che da 15 anni questi controlli non esistono più e l’obbligo di effettuarli è stato espunto dal Titolo V della Carta costituzionale ( vedi qui nostro articolo del 2014: il sistema dei controlli sugli atti di spesa delle Regioni e dei Comunil)

Raramente si era caduti così in basso.

Giuseppe Beato

 

Articoli Recenti Relativi