Le nuove regole del reclutamento dei dipendenti pubblici e il “marcio in Danimarca”

Il titolo dell’articolo del prof. Alessandro Bellavista, ordinario di diritto del lavoro all’Università di Palermo, in corso di pubblicazione fra gli studi in onore di Alessandro Garilli – reca un punto interrogativo alla fine: “I reclutamenti pubblici dell’emergenza. C’è del marcio in Danimarca?“. In tutta certezza, quel punto interrogativo scompare alla fine della lettura dell’articolo che ci appare invece come una serrata requisitoria nei confronti della legislazione “emergenziale”  dei reclutamenti, collegata all’attuazione del PNRR.

Lasciando il lettore all’esauriente analisi dei tanti particolari diabolici nascosti fra le pieghe della legislazione 2020/2022, si può tentare di sintetizzare lo scritto con riferimento a un concetto generale: la creazione in corso  di un’ingente area di precariato, costituita da contratti a tempo determinato e incarichi di collaborazione esterna, malamente supportata da prove “concorsuali” malcongegnate, che , inevitabilmente darà adito allo “schema trifasico” citato da Bellavista: ” 1) selezioni semplificate per l’assunzione a tempo determinato o con altre forme cosiddette flessibili…; 2) un lungo periodo di precariato…, 3) una procedura finale di stabilizzazione, in via automatica o previa procedura idoneativa riservata o, ancora, tramite concorsi con riserva di posti”.  E’ la triste riproposizione di uno schema in voga ormai da circa trent’anni.

Sulla dirigenza pubblica – da assumere a totale discrezione dei politici di vertice in dispregio assoluto della Costituzione – rimandiamo a quanto illustrato al punto 8 dello scritto.

Più che marcio in Danimarca, preferiamo pensare a una governance della pubblica amministrazione condivisa fra politica-sindacati-ANCI, pochissimo interessati alla qualità della burocrazia italiana e agli interessi della collettività, ma appiattiti sui piccoli interessi dei quali i propri rappresentati chiedono loro di farsi carico.

 Bellavista-C’è del marcio?

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