L’andamento ondivago dell’attuazione del PNRR

Per avere un riferimento efficace su quanto accade e può accadere all’attuazione del PNRR è necessario, a parere di chi scrive, effettuare un confronto storico con le vicende dei finanziamenti europei ricevuti a titolo di Fondi Strutturali (ESI FUNDS, European Structural and Investiment Funds) dall’anno 2000 al 2020, con cadenza settennale, parallela al ciclo di bilancio UE. In quel periodo l’Italia ha ricevuto – senza gli squilli di tromba che hanno accompagnato il PNRR  – circa 100 miliardi di euro, da spendere in iniziative per la produzione, le infrastrutture, l’occupazione e il miglioramento delle condizioni del Meridione (si vedano qui i riferimenti circostanziati). Si trattava di importi ricchi e sostanziosi, ma i cui benefici in termini di crescita del Paese sono rimasti praticamente invisibili perché irrealizzati. Eppure, la logica di processo della spesa di quei fondi era simile a quella del PNRR: contrattazione in UE dei profili generali d’intervento, traduzione qui in Italia in Programmi Operativi Nazionali e Regionali (i famosi PON e POR), finanziamento in varie tranche dell’importo destinato all’Italia, pagamento finale dei progetti. Come documentato su questo sito  – vedasi qui e qui – al termine del settennio 2014-2020 risultavano conclusi l’11% dei progetti previsti ed effettuati il 10% dei pagamenti finali (spese impegnate al 27%) sul totale dei 46 miliardi assegnati all’Italia: un fallimento totale del sistema organizzativo e amministrativo del nostro Paese, che assumeva i toni, invero comici, di una polverizzazione spinta dei finanziamenti assegnati a circa 640.000 progetti, che il sito governativo OpenCoesione certificava spesso in poche centinaia di euro assegnati a centri fitness, parrucchieri e pizzerie.

Anche in virtù dell’ingentissima mole del finanziamento,  iI PNRR fu regolato circa un lustro fa in modi più impegnativi, vincolando l’Italia su punti fondamentali : a) conseguire traguardi (target) e risultati di percorso (milestone) come condizione per ottenere le tranche di finanziamento successive; b) istituire un sistema centrale di monitoraggio progetto per progetto (il ReGiS gestito dalla Ragioneria Generale dello Stato) che desse conto giornalmente dello stato dei pagamenti (vedi qui); c) costituire i Ministeri centrali come responsabili generali dei programmi previsti nel Piano, anche a valere verso gli altri enti pubblici, le regioni e gli enti locali; d) responsabilizzazione al massimo livello politico,  attraverso la costituzione di una cabina di regia gestita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e l’obbligo di trasmissione semestrale al Parlamento italiano e alla Commissione Europea di una Relazione sullo stato di attuazione del Piano. Obbligo esteso anche alla Corte dei Conti che ha accesso al sistema ReGiS della Ragioneria Generale dello Stato; e) l’idea intelligente, tradottasi nell’articolo 9 del decreto legge n. 19 dello scorso 2 marzo 2024 di coinvolgere le prefetture, quale tramite privilegiato fra i “soggetti attuatori” – gli enti locali- e la cabina di regia a Roma. Le prefetture hanno il compito di monitorare l’attuazione degli interventi   in corso presso gli enti locali, coordinare gli attori in gioco, facilitarne la collaborazione e, se necessario, lanciare alert alle regioni competenti e alla cabina di regia romana, anche ai fini dell’attivazione dei poteri sostituti, ove ritenuto necessario.

Una tale “armatura” di gestione dei flussi di finanziamento doveva consentire  al sistema amministrativo del Paese di promuovere e dirigere la gestione dei progetti di attuazione in modo tale che ne discendessero i risultati previsti nel PNRR. Lo “spauracchio” di fondo, che prevede la sospensione e/o la restituzione delle tranche di finanziamento europeo ove i programmi previsti dal Piano non vengano realizzati e il massiccio sistema di monitoraggio e di reportistica dovevano imprimere ai vari soggetti pubblici attuatori un adeguato livello di accountability e di spinta all’operatività.

Dal 2021, anno di partenza e a un anno dalla conclusione – Il PNRR è ufficialmente operativo fino al luglio 2026 – risulta arduo tracciare un quadro conclusivo dei risultati conseguiti in margine al finanziamento dei ben noti 194 miliardi di euro assegnati all’Italia dall’Unione Europea. Tuttavia, il confronto con l’andamento delle precedenti gestioni dei Fondi Strutturali aiuta a comprendere alcuni aspetti migliorativi. Forse la pressione istituzionale sui soggetti attuatori (ministeri, regioni, sistema sanitario, enti locali, autonomie scolastiche in larghissima maggioranza) sta traducendosi negli auspicati miglioramenti rispetto al passato.

Il punto essenziale per un’attuazione più seria della gestione del denaro comunitario è costituito dal fatto che lo stesso PNRR ha ristretto e circostanziato il panorama di interventi fattibili a soli 150 tipi di investimenti (oltre a 66 riforme, costituite da produzione normativa orientata all’innovazione del Paese). Nulla a che vedere con i programmi dei fondi strutturali (PON e POR) che individuavano grandi e indefinite categorie di interventi, che lasciavano aperte enormi possibilità di “interpretazione” dei programmi. Il dato tangibile di riscontro è costituito dal numero di progetti quantificato dal portale pubblico “Opencoesione” allo scadere del periodo 2014-2020, ultimi Fondi Strutturali precedenti a quelli in corso, che era di ben 641.409 di numero.

Diversamente, per l’attuazione del PNRR, d’importo 4,5 volte superiore a quello sopra considerato, il numero di progetti in esecuzione o conclusi ammonta  a  circa un terzo/metà, cioè a numero  270.406 progetti.

Ciò significa che viene evitata per quanto possibile la polverizzazione dei finanziamenti europei che, nel caso dei precedenti fondi strutturali, veniva spinta ai limiti indecorosi di contributi dell’ordine di centinaia di euro assegnati a pioggia e a caso; in altri termini la quota maggiore dei fondi europei non si traduceva in spese d’investimento ma in spesa corrente, di totale inutilità per la crescita del sistema Paese.

Il quadro di miglioramento qui prospettato interviene in un contesto istituzionale – lo stato della nostra burocrazia –  non modificato dal settennio 2014/2020. Ciò implica la presenza oggi di un orizzonte costituito da “luci ed ombre” con riferimento ai tempi d’attuazione degli interventi d’investimento previsti. A fine giugno 2025 risultano spesi (quindi su progetti completati) 80 miliardi di euro sui 194,4 a disposiziione (cui va aggiunta la disponibilità di  30,6 miliardi del fondo complementare nazionale  e di  13 miliardi a titolo React-Euro). Ciò significa che rimangono da spendere circa 110 miliardi di euro sul finanziamento PNRR fino al luglio 2026, per un equivalente di 143.312 progetti  non ancora conclusi (come si evince dalla tabella qui sopra tratta dalla sesta relazione al Parlamento della Cabina di regia del PNRR). In un panorama, quindi, meno compromesso che nel passato ma comunque problematico, l’Italia gioca la scommessa del rinnovamento nella capacità di portare a termine con successo fondamentali progetti d’investimento. In questa fase assumono il massimo valore la trasparenza e la capacità di recupero. Un efficiente sistema di monitoraggio dell’attuazione dei progetti in corso deve superare le “timidezze” dei report ufficiali attingendo anche a notizie di stampa o di altra fonte. Nella messe foltissima dei programmi in  attuazione estraiamo informazioni su alcuni di quelli di sicuro rilievo sia finanziario che strategico.

Transizione digitale nella pubblica amministrazione: il problema ormai endemico della convivenza di patrimoni informativi separati fra le diverse amministrazioni va superato, secondo quanto provisto dal PNRR con l’investimento n. 1 all’interno della Missione1C1, previsto in 900 milioni di euro complessivamente: si registra qui recentemente un frande fervore di iniziative mirato all’adesione di ministeri, agenzie ed enti pubblici alla migrazione in un cloud unico offerto dall’infrastruttura del Polo Strategico Nazionale (PSN); si attende – ma e’ meglio dire che “si auspica” – che nell’anno 2026 si colleghino a tale polo circa 280 strutture sanitarie del SSN e il 75% delle amministrazioni pubbliche italiane (vedi qui il sito web del Polo Strategico Nazionale)

La trasformazione digitale dei processi produttivi delle imprese: quest’obiettivo contenuto nella missione 1.C2 del Piano era finalizzato a sostenere le imprese che investono per innovare/digitalizzare i propri processi produttivi. L’aumento di produttività e la maggiore efficienza conseguiti da queste imprese “contribuiranno ad aumentare la competitività e la sostenibilità delle filiere produttive in cui queste sono integrate, con positive ricadute sull’occupazione”. L’investimento previsto in 13,38 miliardi di euro consiste in crediti d’imposta riconosciuti alle imprese che investono in beni capitali, ricerca, sviluppo e innovazione e attività di formazione alla digitalizzazione e di sviluppo delle relative competenze. Il sito OpenPolis (vedi qui) sostiene che, stante la dichiarazione del Ministero delle Imprese e del Made in Italy secondo cui questa somma risulta già interamente erogata, non si ha contezza dei progetti finanziati (e liquidati) e non si conoscono gli investimenti intrapresi per la transizione.

Collegamenti ferroviari ad alta velocita’: gli investimenti 1.1. e 1.2 della Missione 3 C1 del PNRR hanno appostato circa 13 miliardi di euro per la realizzazione di alcune tratte necessarie per i collegamenti ferroviari in regioni del Sud e in regioni del Nord per collegamento con l’Europa. Ancora il sito web di OpenPolis specifica i progetti in campo per queste iniziative (vedi qui), ma sono sufficienti alcuni articoli di stampa per capire che “il collegamento veloce Palermo Catania “non è tale neanche sulla carta” e slitta anche la data di consegna, originariamente prevista per giugno 2026″ (vedasi Palermo Today del 20 maggio 2025) e che la tratta ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria è ancora incagliata nei pressi di Salerno e che entro l’anno 2032 è previsto il congiungimento con Praia a Mare, all’inizio della penisola calabrese (vedasi Il Post del 3 luglio 2025).

Asili nido e scuole d’infanzia: i 4,60 miliardi di euro appostati inizialmente sul PNRR alla Missione 4C1 – poi ridotti a 3,24 miliardi – devono consentire l’aumento di 150.000 posti complessivi per i bambini, attraverso progetti assegnati ai comuni d’Italia per realizzare nuovi edifici ed aule. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio riferiva lo scorso 15 gennaio 2025 (vedi qui il rapporto integrale) di 3.199 progetti censiti da ReGiS, specificando che “La quasi totalità degli interventi avviati nel 2020 o nel 2021 sono in una fase esecutiva, ma solo circa il 3 per cento dei progetti è concluso” e che “Nella stima che introduce le minori correzioni rispetto ai dati dichiarati, lo scarto sarebbe pari a circa 17.400 posti. I posti aggiuntivi per gli asili nido oscillano tra 93.239 nello scenario meno favorevole e 110.831 in quello più favorevole, mentre quelli delle materne variano tra 31.063 e 39.175“. Anche a distanza di nove mesi da quel rapporto il livello di guardia non può che rimanere altissimo.

Servizi di telemedicina e assistenza sanitaria territoriale: la competente Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) informa che nel 2023 è stata affidata la progettazione, realizzazione e gestione della Piattaforma nazionale di telemedicina in concessione a Pnt Italia Srl, società costituita per il 60% da Engineering Ingegneria Informatica Spa e per il 40% da Almaviva Spa, per la durata complessiva di 10 anni. Non si conosce tuttavia la data in cui tale piattaforma diventerà operativa. I servizi di telemedicina sono compresi nel finanziamento di 7 miliardi di euro appostato dal PNRR alla Missione 6C1 relativa allle “Reti di prossimità, strutture di telemedicina, assistenza sanitaria territoriale a cura di case e ospedali di comunità”. La reportistica non sembra chiara quanto ai risultati previsti per la scadenza del PNRR: si veda comunque il rapporto Agenas dello scorso 23 settembre relativo al primo semestre 2025 (vedi qui).

Fra i progetti strategici legati ai finanziamenti del PNRR e presentati come assolutamente fruttuosi dal governo o da altri enti pubblici quale l’INPS, vanno annoverati: a)  il nuovo corridoio elettrico sottomarino che collegherà la Penisola alla Sicilia e alla Sardegna, denominato “Tyrrhenian link”. È un’opera infrastrutturale di importanza europea e internazionale, che è composta da due tratte – la parte Est dalla Sicilia alla Penisola e la parte Ovest dalla Sicilia alla Sardegna – per un totale di circa 970 chilometri di lunghezza e 1000 MW di potenza; b) un secondo progetto riguardante l’interconnessione “SA. CO. I. 3”, per rinnovare e potenziare il collegamento elettrico già esistente tra Sardegna, Corsica e la Penisola; c) il Sistema SIISL (Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa) gestito dall’INPS per conto del Ministero del Lavoro, che supporta i collegamenti fra domanda e offerta d’impiego di cui alla Missione 5C1 (potenziamento per i centri d’impiego finanziata con 600 milioni di euro) attraverso la messa a disposizione  dei centri dell’impiego provinciali e delle regioni dei dati relativi ai percettori dell’assegno d’inclusione , ADI, cui compete l’obbligo di partecipazione a percorsi di formazione, lavoro o inclusione. Questo strumento, cui sono iscritte oggi circa 500.000 persone, si sta dimostrando grandemente utile per avviare al lavoro molti giovani cui mancavano informazioni e strumenti per trovare un’occupazione (vedi qui più approfonditamente) ; d) Roma Capitale ha 278 progetti PNRR finanziati, per un totale di circa 1,08 miliardi di euro.(vedi qui Milano Finanza+1) e al 31 dicembre 2024, il 63% di questi progetti era avviato o concluso (150 avviati + 25 conclusi). Fra i progetti avviati o conclusi ci sono l’estensione della Metro C, la riqualificazione urbana dei quartieri periferici (es. Corviale, Tor Bella Monaca, Santa Maria della Pietà), l’implementazione dell’edilizia residenziale pubblica / housing sociale.

Il panorama dei progetti finanziati con  il Recovery and Resilience Facility e compresi nei programmi del PNRR è sterminato e soprattutto ancora “in movimento”. Non si può negare tuttavia che, pur con difficoltà evidenti, qualcosa d’importante si sta muovendo. Gli elementi critici che ne mettono in forse il buon esito rimangono essenzialmente legati alle difficoltà operative delle amministrazioni pubbliche cui e’ demandata l’attuazione del piano. Tali problemi sono stati sintetizzati nel sesto rapporto al Parlamento della Cabina di regia del PNRR (vedi qui a pag. 12) nei seguenti aspetti:

  • ambito procedurale – contenziosi in essere, inadempienze/ritardi/abbandoni da parte delle imprese esecutrici, espropri, richieste di varianti, rilascio di autorizzazioni/pareri in ambito paesaggistico, culturale, ambientale, ecc., che ritardano l’attuazione dei progetti;
  • ambito finanziario – insufficiente liquidita di cassa, ritardi nella ricezione delle anticipazioni/trasferimenti delle risorse da parte delle amministrazioni titolari (cioè i ministeri), utilizzo delle economie di gara;
  • compilazione della rendicontazione per l’esame e l’approvazione da parte delle Amministrazioni titolari;
  • aggiornamento puntuale e costante dei dati sulla piattaforma ReGiS;
  • problemi di interoperabilità tra le diverse piattaforme (Futura, Simog, etc.);
  • difficoltà negli adempimenti amministrativi a causa della carenza di personale.

In conclusione, l’attuazione del PNRR offre un panorama vasto in cui molte iniziative d’investimento strategico stanno andando a segno, ma in cui le dimensioni del successo finale hanno ancora confini non chiari. L’ultimo anno di attuazione dirà della capacità del nostro sistema istituzionale di sostenere questa grande sfida storica.

Giuseppe Beato

 

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