I controlli di regolarità amministrativa nelle pp. aa. italiane

Nel contesto accademico degli autorevoli opinion leader che fanno riferimento agli insegnamenti del professor Sabino Cassese sopravvive una raffigurazione di sistema di uno degli snodi fondamentali nella burocrazia italiana che meriterebbe un profondo tagliando manutentivo: la lettura delle funzioni e del ruolo della Ragioneria Generale dello Stato e della Corte dei Conti e, in generale,  dei controlli preventivi degli atti amministrativi nelle pubbliche amministrazioni (si veda qui “I moscerini e gli avvoltoi”,  storica relazione del dicembre 1992, pubblicata su “Il Corriere Giuridico” n. 2/1993, con la quale Cassese effettuò una vera e propria requisitoria nei confronti dell’intero sistema dei controlli pubblici all’epoca vigenti).

Questa corrente di pensiero attinge a realtà regolative e fattuali risalenti agli assetti della burocrazia italiana affermatisi con la riforma promossa dal ministro De Stefani nel 1923 in pieno fascismo e rimaste in vigore fino agli anni ’90 del secolo scorso; all’epoca il Regio Decreto n. 2440/1923 (articolo 22) stabilì che TUTTI gli atti ministeriali fossero sottoposti preventivamente alla loro esecuzione al visto di registrazione di regolarità amministrativa e contabile da parte di uffici di controllo gerarchicamente dipendenti dalla RGS e incardinati nei vari ministeri. La Ragioneria diventò così il baricentro dominante della pubblica amministrazione italiana, disponendo del potere di bloccare, far modificare, disporre della complessiva attività gestionale curata dalle amministrazioni dello Stato. Questo ferreo scenario di riferimento non solo corrispondeva alle visioni autoritarie allora dominanti, ma fu anche giustificato dall’esigenza di ricondurre a regola le prassi straordinarie di gestione e di spesa che si erano giocoforza affermate nel corso della grande guerra da pochi anni terminata. Il rallentamento inaccettabile della gestione amministrativa degli affari pubblici fu limitato dalla contemporanea istituzione, in quantità sempre più consistenti, di enti pubblici economici e non economici (INPS, Opera maternità e infanzia, IRI, etc.)  non sottoposti alla disciplina dei ministeri (si veda  qui l’illuminante opera di Guido Melis “Due modelli di amministrazione fra liberalismo e fascismo: burocrazie tradizionali e nuovi apparati” Roma ACS 1988). Va inoltre ricordato che la situazione di “dominio” dell’apparato dei controlli preventivi si perfezionava con il controllo esterno della Corte dei Conti, anche questo operante con la registrazione (o denegata registrazione) su TUTTI gli atti amministrativi ministeriali. Chi scrive ricorda personalmente che, quando si occupava di liquidazione dei provvedimenti pensionistici ai dipendenti degli enti locali collocati in pensione (attività questa NON discrezionale, ma operante in una cornice di regole legislative obbligatorie e vincolanti), fino a tutti gli anni ’80 del XX secolo, ogni suo provvedimento era soggetto alla trafila successiva presso la Ragioneria Centrale del suo Ministero e, una volta concluso con registrazione il primo controllo, al coesistente ufficio della Corte dei Conti. Si configurava, in pratica, un’oggettiva cogestione degli atti amministrativi fra amministrazioni attive e amministrazioni di controllo.

Ebbene, dopo 40 anni, quel mondo immobile e quegli assetti procedimentali degli atti amministrativi vanno considerati preistorici e superati, in base ai successivi mutamenti di fatto e di diritto di seguito intervenuti. Ciò che, invece, pare ristagnare è un’allure concettuale ancora oggi ferma su un giudizio demolitorio e sprezzante di un sistema “soffocante” dei controlli  e del ruolo frenante della Ragioneria Generale dello Stato nel panorama amministrativo pubblico. Tale giudizio, comprensibile in una fase storica passata, oggi non ha più valore attuale.

A fine anni ’90 il quadro dei servizi pubblici italiani era completamente mutato e con esso il sistema dei controlli. Le trasformazioni avvenute, con riferimento alle funzioni della RGS, meritano tre premesse di contesto: 1) l’enorme estensione dei servizi pubblici demandati alle pubbliche amministrazioni nel secondo dopoguerra si tradusse non solo in un poderoso incremento del numero dei dipendenti  (dal 1,1 milioni del 1951 ai circa 3,5 del 1992), ma anche in un trasferimento massiccio di funzioni (e dei connessi atti amministrativi) dai Ministeri statali alle autonomie locali e ad altre amministrazioni diversamente ordinate, sottraendone in tal modo il controllo sugli atti: regioni (1970), Servizio Sanitario Nazionale (1980), comuni (su impulso del ministro dell’epoca Franco Bassanini con il d. lgs. n. 118/1998), agenzie (con legge n. 300/ 1999), enti pubblici non economici (INPS, INPDAP, INAIL, ACI in particolare); tali amministrazioni adottarono (e conservano oggi) sistemi di controllo affatto diversi da quelli in vigore per gli uffici dello Stato; 2) il trasferimento agli enti territoriali della stragrande maggioranza degli atti gestionali della burocrazia della Repubblica, vanifica l’ipotesi di una presenza incombente della Ragioneria Generale dello Stato, se non in relazione a circolari esplicative, a circuiti informatici di trasparenza e alle ispezioni disposte dall’Ispettorato Generale di Finanza sul modello del Governement Accountability Office statunitensi. Gli uffici della RGS  titolari delle competenze di controllo contabile e amministrativo sugli atti sono gli Uffici Centrali del Bilancio (già Ragionerie Centrali) presso le sedi centrali dei ministeri e le Ragionerie Territoriali dello Stato per gli uffici periferici: questi e solo questi sono gli uffici titolari dei controlli sugli atti. La loro dipendenza gerarchica diretta dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato non deve ingannare sul fatto che sono compiti affatto diversi da quelli di competenza degli Ispettorati centrali  (saranno approfonditi in una prossima occasione): predisposizione del bilancio dello Stato, coordinamento delle relazione tecniche dei Ministeri, collegamento alla programmazione finanziaria del governo attraverso i DEF e il NADEF, collegamento tecnico con la Commissione europea nel  “Semestre Europeo”, supporto al governo nella predisposizione dei disegni di legge che comportino oneri di bilancio. Sono due ordini di funzioni completamente autonome fra loro, da analizzare e valutare ciascuna in relazione alle finalità di fondo perseguite. Qui ci si occupa solo dell’aspetto “controlli sugli atti”, valutato in diversi pensatoi nazionali in relazione a una (inesistente) soffocante e pervasiva presenza della RGS; 3) Completamente mutato anche il sistema dei controlli esterni ad opera della Corte dei Conti: l’ articolo 3 , comma 4, della legge n. 20/1994 (Ministro della Funzione Pubblica era il prof. Sabino Cassese) eliminò i controlli preventivi sugli atti delle pubbliche amministrazioni statali, con la sola eccezione di un ristretto elenco tassativo di atti governativi.

Il sistema dei controlli preventivi di regolarità contabile e amministrativa (questa da sempre la locuzione di legge)  é stato modificato dalla legislazione degli ultimi trent’anni nel modo seguente.

I CONTROLLI PREVENTIVI DI REGOLARITA’ CONTABILE E AMMINISTRATIVA

A. Ministeri e Uffici periferici dello Stato: la regola generale posta dall’articolo 2 del d. lgs. n. 286 del 1999 (“Il controllo  di  regolarita’  amministrativa  e  contabile  non comprende verifiche da effettuarsi in via preventiva se non nei  casi espressamente previsti dalla legge” –  vedi qui) vale anche per i controlli RGS sugli atti emessi dagli uffici ministeriali! Anche per questi la verifica di regolarità contabile e amministrativa non sospende il corso dei provvedimenti: in base al decreto legislativo n. 123/2011 (“Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile”) gli Uffici Centrali di Bilancio e gli Uffici Territoriali dello Stato, dipendenti dalla RGS, possono esercitare il “controllo preventivo di regolarità amministrativa e contabilesolo per un gruppo esplicitamente definito per legge di provvedimenti (atti soggetti al visto di legittimità della Corte dei Conti, approvazione dei contratti di assunzione, modifica delle posizioni giuridiche ed economiche dei dipendenti, accordi collettivi integrativi – si veda l’elenco all‘articolo 5). Su tali atti il controllo contabile può giungere alla sospensione del corso dell’atto, ma solo in presenza di spese eccedenti “lo stanziamento in bilancio” (articolo 6) …e ci mancherebbe! Quanto invece ai controlli amministrativi preventivi di legittimità sul suddetto numero limitato di atti (articolo 7) vale il principio di responsabilità dell’organo attivo secondo cui “in caso di esito negativo del controllo ……. gli atti non producono effetti ……  salvo che  sia  esplicitamente  richiesto  di  dare  ulteriore   corso   al provvedimento, sotto la responsabilita’ del dirigente titolare  della spesa“.Quanto a significare che il denegato visto di registrazione NON è preclusivo dell’ulteriore corso del procedimento amministrativo (si vedano qui le disposizioni richiamate). In altri termini, anche per le amministrazioni statali è stato disinnescato il vincolo ostativo all’emissione del provvedimento che era stato posto dalla legge De Stefani del 1923 e si è  addirittura ripreso il tenore di un’antica disposizione inserita in un regio decreto del 1885 poi abrogato (vedi qui). I controlli successivi si rivolgono ai rendiconti amministrativi resi da funzionari delegati (art. 11) e ai conti giudiziali degli agenti incaricati della riscossione di entrate o di pagamento delle spese dello Stato (art. 16).

B. Amministrazioni comunali e provinciali: in virtù del trasferimento delle funzioni disposto con lo storico d. lgs. 112/98 sono titolari di un numero di servizi pubblici (e degli atti gestionali connessi) nettamente superiore ai dicasteri centrali dello Stato. Non sottoposte a controlli esterni di legittimità sugli atti in virtù dell’abolizione della previsione costituzionale prima inserita all’articolo 130 della Carta Costituzionale. Vigono solo i controlli previsti dal decreto legislativo n. 267/2000 (ordinamento degli enti locali) che consistono in un semplice “parere di regolarità tecnica” a cura del “responsabile del servizio interessato” che risponde in via amministrativa e contabile dei pareri espressi (art. 49). Le funzioni attuali della storica figura del segretario comunale si collocano nella posizione di vertice della struttura amministrativa delle amministrazioni comunali che non dispongano della figura del direttore generale; designato dal sindaco da un elenco contenuto in un albo nazionale, egli sovrintende alle funzioni dei dirigenti e ne coordina l’attività e svolge compiti di collaborazione e funzioni si assistenza amministrativa nei confronti del Sindaco, della Giunta e del Consiglio. In materia di controlli, esprime parere tecnico di regolarità amministrativa degli atti  nel caso in cui l’ente (piccoli comuni) non abbia responsabili dei servizi (vedi qui normativa di riferimento).

C. Amministrazioni regionali: anche qui con la riforma del Titolo V del 2001 fu abolito l’obbligo di predisporre un sistema di controlli di legittimità esterni “sugli atti amministrativi della regione” (prima previsto all’articolo 125). La materia risulta pertanto completamente rimessa alla volontà espressa negli statuti e nelle leggi regionali. Sono invece previsti con legge dello Stato, a cura delle Sezioni regionali della Corte dei Conti,  controlli successivi sulla gestione del bilancio e sul funzionamento dei controlli interni (art. 3 legge n. 20/1994), anche sulla base di relazioni dei collegi dei revisori dei conti, la cui istituzione è stata resa  obbligatoria solo 10 anni fa (vedi qui un estratto sintetico delle norme in vigore).

c. Enti del Servizio Sanitario Nazionale: dotate di personali giuridica, le Aziende Sanitarie Locali (AA.SS.LL.) operano nella cornice regolativa dei controlli interni degli enti e organismi pubblici così come contenute nel decreto legislativo n. 123/2011 (vedi). In pratica opera un collegio sindacale composto di tre membri designati uno  dal  presidente  della  giunta regionale, uno dal Ministro dell’economia e delle finanze e  uno  dal Ministro della salute ( vedi qui l’art. 3-ter del d. lgs. n. 502/1992). Ai fini della smaterializzazione del controllo è stato realizzato, d’intesa tra il MEF e il Ministero della salute, un applicativo (denominato “PISA” – Progetto Informatico Sindaci ASL), per l’informatizzazione di tutti gli atti relativi al processo di verbalizzazione delle sedute dei collegi sindacali delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliero-universitarie, che consente l’acquisizione, in formato elettronico, di tutti gli atti predisposti dai collegi sindacali. I controlli sull’osservanza delle disposizioni di legge, regolamentari e statutarie sono effettuati dai collegi sindacali degli enti del SSN a campione e ” non intervengono nella gestione e nell’amministrazione attiva” (articolo 20 del d. lgs. 123/2011, meglio chiarito dalla circolare RGS n. 35 dell’anno 2018 –  vedi qui ).

D. Enti pubblici non economici: Enti questi in qualche modo storici, fra i quali INPS , INAIL e ACI, hanno consolidato da decenni forme di controllo da parte di collegi sindacali costituiti da membri designati dai ministeri vigilanti e dal MEìF. Sono oggi regolati con la già citata legge n. 123/2011, con l’applicazione anche qui della campionatura e il non intervento sull’amministrazione attiva in fatto di controlli sull’osservanza delle leggi. Da aggiungere, infine, che l’articolo 1 della legge citata ha conferito alla Ragioneria Generale dello Stato una funzione di orientamento e di controllo dei collegi di revisione e controllo, che si esplica direttamente sull’attività dei collegi stessi. Tali controlli, come per il SSN, si sviluppano oggi attraverso la smaterializzazione degli atti e modalità informatiche di riproduzione e conservazione dei documenti (si veda qui la Circolare n. 20 del 5 maggio 2017).

E. Agenzie ministeriali: istituite con la legge n. 300 del 1999,  si occupano, come noto, di materie pubbliche ultra-sensibili per i cittadini e le imprese (Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Dogane e dei Monopoli). Certamente le agenzie non potrebbero sopportare controlli preventivi sugli atti e, in effetti, la legge in questione rimette i controlli all’attività di un collegio dei revisori formato da tre membri, dalla vigilanza del MEF consistente nell’esame delle delibere relative agli statuti e ai regolamenti, per i quali l’approvazione “può essere negata per ragioni di legittimità o di merito”. All’infuori di tali atti generali e “fermi i controlli sui risultati, gli altri atti di gestione delle agenzie non sono sottoposti al controllo ministeriale preventivo” ( vedi qui il testo degli articoli 8 e 60 ).

CONCLUSIONI

Prima domanda: sulla base della legislazione in vigore, esistono controlli preventivi e/o un potere interdittivo degli organi di controllo sugli atti della pubblica amministrazione e sulla sua attività in generale? Seconda domanda: le inefficienze delle pubbliche amministrazioni italiane possono essere ragionevolmente attribuite a una ragnatela di controlli che impedisce l’esecuzione degli atti di gestione? Pare proprio di no, vista la regressione radicale dei controlli preventivi di regolarità e il prevalere dall’operatività dei controlli interni di gestione e dei controlli sui bilanci.

Il controllo preventivo di legittimità in Italia è fortemente ridimensionato e non esiste un “dominio” della Ragioneria Generale dello Stato sulla pubblica amministrazione. Quest’ultima non è bloccata a causa dell’esistenza di controlli “soffocanti”.

Va invece segnalato che l’arretramento generale dei vecchi controlli preventivi di regolarità non ha prodotto contemporaneamente  un efficiente sistema di controlli di gestione sui risultati conseguiti delle amministrazioni  pubbliche; tali forme di controllo sono malamente regolate dalle leggi attuali e sono lontane dal produrre effetti benefici reali e visibili. In tale temperie di indeterminazione ed entropia continua a operare un gran numero di amministrazioni pubbliche abbandonate a se stesse.

È ora di regolare le lancette degli orologi ai problemi del tempo presente e di abbandonare i fantasmi del passato. Non fosse altro che per impedire a un qualunque Rocco Casalino  (o magari  Valotti – vedi qui) di straparlare.

Giuseppe Beato

 

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