Il Ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo si avvia a diventare, con il disegno di legge A.C. 2511/2025 da lui promosso (vedilo qui), una delle più acuminate punte di diamante fra i ministri della funzione pubblica dai tempi in cui Franco Bassanini precarizzò la dirigenza pubblica con l’introduzione degli incarichi a tempo. La questione è sempre la stessa: la Carta Costituzionale sancisce il principio della stabilità di chi esercita una funzione pubblica ( “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione” “in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione“, artt. 97 e 98), ma quel principio viene costantemente disatteso dalla dottrina della “fiduciarietà”, che viene ripresa impropriamente dalla posizione dei dirigenti nelle imprese private, quindi da tutt’altro contesto istituzionale e organizzativo.
Seguendo la strada della “fiduciarietà” (ai vertici politici), un susseguirsi di leggi hanno introdotto situazioni in cui la dirigenza di carriera viene affiancata da incarichi a tempo determinato senza concorso, attraverso i quali i vertici delle amministrazioni possono immettere nelle funzioni pubbliche più delicate (patrimonio, appalti, concessioni) personaggi estranei alla pubblica amministrazione di loro stretta “osservanza”.
In una situazione già compromessa, il ddl 2511, che si avvia a diventare legge dello Stato, introduce un altro elemento distorsivo, direttamente nel vivo della regolazione dei dirigenti di carriera: attraverso una contorta regolazione di meccanismi di “valutazione” senza concorso della dirigenza di prima e di seconda fascia, prevede periodi di cinque e di quattro anni di “incarico provvisorio“ per i dirigenti di carriera delle due fasce. In un tempo così esteso di esercizio della dirigenza sotto la spada di Damocle del gradimento dei vertici politici, ministeriali, regionali e comunali, è possibile manipolare facilmente la facoltà di decisione imparziale che dovrebbe essere riservata a una funzione gestionale libera da condizionamenti.
Lungi dall’essere una “necessità corporativa” dei dirigenti pubblici, la stabilità degli incarichi a presidio dell’imparzialità delle scelte costituisce (costituirebbe) il primo vero presidio di tutela della collettività rispetto a distorsioni di parte e di clientela delle decisioni amministrative da adottare. Ben lontano dai riflettori di un’opiniione pubblica informata, il ddl 2511 procede nel suo iter di discussione, in cui sono prevalenti le opinioni/consensi degli “addetti ai lavori”, cioè delle voci dei politici, soprattutto del mondo degli enti locali. Ne scaturisce una regolazione legislativa sintetizzata nelle slide che seguono e che per ora incontra il rilievo critico di una sola rappresentanza sindacale, la CIDA (Confederazione dei dirigenti d’azienda pubblici e privati ), che pure qui di seguito si riprende.
Giuseppe Beato
Slide – Presentazione ddl 2511
Nota CIDAFC a Min Zangrillo e I Comm Aff Cost su DL accesso Dirigenza

