FISCAL COMPACT: la regola del debito

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La locuzione “Fiscal compact” é divenuta ormai un “termine spauracchio” con cui si sintetizza, nella mente dei più, una serie di regole restrittive che rischiano di strozzare l’economia dei Paesi UE, fra quali l’Italia.

Per una riflessione maggiormente meditata  si veda su questo sito il riferimento alle fonti giuridiche dell’intero pacchetto “Fiscal Compact” – clicca qui.

Nel complesso delle misure previste dall’Unione europea per il governo dei disavanzi eccessivi, tuttavia, riguarda il nostro Paese soprattutto la cosiddetta “Regola del debito“. Su questo tema specifico e rilevante va ricordato che il trattato di Maastricht del 1992 e poi quello di Lisbona del 2007 fissavano il limite massimo del “60% per il rapporto fra il debito pubblico e il prodotto interno lordo ai prezzi di mercato” (Vedi qui Protocollo n 12 Lisbona), ma non specificavano le modalità di adeguamento per i paesi sopra parametro, limitandosi a prescrivere genericamente una riduzione “in misura sufficiente ……(e che si) avvicini al valore di riferimento con ritmo adeguato” (art. 126 TFUE). La novità introdotta dall’art 1 del Regolamento UE n. 1177/2011 che ha “riscritto” il Patto di stabilità e crescita (PSC) del 1997 (vedi qui Regolamento UE 2011 e vedi qui il testo dell’originario Regolamento UE n.1466 del 1997) – esplicitamente richiamato dall’articolo 4 del “Trattato sulla stabilità” del 2012 (vedi qui) – fu che, in presenza di un debito pubblico eccedente il 60% del PIL nominale, si considera “sufficiente” un processo di contrazione del rapporto debito/PIL pari al valore di eccedenza “diminuito negli ultimi tre anni ad un ritmo medio di un ventesimo all’anno”. 

La regola del “ventesimo dell’eccedenza ogni anno“, decontestualizzata dal coacervo delle altre complesse disposizioni UE, ha portato qualcuno a dedurre che, in presenza di un debito pubblico vicino al 130% del PIL, il ventesimo della differenza fra 130% e 60% fosse pari al “3% circa l’anno” e che ciò implicasse l’obbligo di una manovra correttiva ogni anno, a decorrere dal 2013, di “circa 45-50 miliardi di euro“.

Così non è, grazie al cielo! Infatti ciò che deve essere ridotto nel tempo é un rapporto (debitopubblico/PIL), per cui l’evoluzione dello stesso è determinata non solo dal valore del numeratore (entità del debito) ma anche da quello del denominatore (andamento del PIL). Inoltre, il PIL previsto dalle norme UE è il “PIL nominale“, per cui l’andamento annuo dei prezzi costituisce un’altra variabile in gioco: é stato ben spiegato da Giuseppe Pisauro sulla Voce.info (vedi qui) che , con un pareggio di bilancio annuo, è sufficiente che il PIL nominale cresca del 2,5% annuo perché sia soddisfatto il ritmo di assorbimento del debito in eccedenza.  Ancora da osservare, da un punto di vista strettamente matematico, che la riduzione della percentuale in eccedenza sul limite del 60% previsto, operata di anno in anno, porta con sé – ogni anno – la diminuzione del rapporto debitopubblico/pil, con conseguente diminuzione dell’entità della contrazione dell’anno successivo. Per osservare l’incidenza del tasso di inflazione, dell’evoluzione del PIL, dei tassi d’interesse del debito e del saldo primario di bilancio sul ritmo di contrazione del debito pubblico  si veda il grafico interattivo della Reuters che mostra con evidenza quanto tale ritmo possa variare al variare delle quattro suddette grandezze CLICCA QUI.

Oltre alle implicazioni di carattere matematico legate all’osservanza del ritmo di smaltimento del debito, vanno evidenziate i seguenti altri fattori correttivi della regola generale: 1) gli Stati possono “deviare temporaneamente” dal conseguimento degli obiettivi di medio periodo concretizzantesi nei saldi strutturali di bilancio in presenza di “circostanze eccezionali” definite come “eventi inconsueti non soggetti al controllo della parte contraente interessata che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione economica della pubblica amministrazione oppure periodi di grave recessione economica” (articolo 3 del “trattato di stabilità del 2012); 2) le valutazioni – discrezionali per definizione – effettuate dalla Commissione UE di “tutti i fattori significativi indicati in detto articolo, nella misura in cui essi influenzano in modo significativo la valutazione dell’osservanza dei criteri relativi al disavanzo e al debito” fra i quali “l’evoluzione della posizione economica a medio termine” , “gli sviluppi nella posizione del debito pubblico a medio termine, la sua dinamica e sostenibilità“, i “contributi finanziari a sostegno della solidarietà internazionale e della realizzazione degli obiettivi delle politiche dell’Unione“, “l’attuazione di riforme delle pensioni che introducono un sistema multipilastro comprendente un pilastro obbligatorio, finanziato a capitalizzazione ed il costo netto del pilastro a gestione pubblica” (articolo 1 del Regolamento n. 1177/2011 citato) 3)per un triennio a decorrere dalla correzione del disavanzo eccessivo, il requisito del criterio del debito è considerato soddisfatto se lo Stato membro interessato compie progressi sufficienti verso l’osservanza come da valutazione contenuta nel parere adottato dal Consiglio” (articolo 1 Reg. n. 1177/2011). E’ il caso dell’Italia a beneficio della quale é stata abrogata dal Consiglio UE nello scorso anno 2013 la procedura per i disavanzi eccessivi, per cui l’anno di riferimento diventa il 2016.

In conclusione la “regola del debito” va osservata dall’Italia con i modi e i correttivi sopra accennati.

APPROFONDIMENTI

– IL POST – Cos’è il Fiscal compact, spiegato bene.

– Servizio bilancio del Senato: la governance economica europea, pagina 34 “La regola del debito“;

– Dal Documento di economia e finanza 2014 – Programma di stabilità dell’Italia: III.7 La regola del debito e gli altri fattori rilevanti.

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