Dirigenza degli enti locali e contrattazione collettiva

Il convegno tenutosi lo scorso 28 aprile a cura dell’Università degli Studi del Sannio può naturalmente essere ascoltato in ciascuno dei suoi contenuti. Tuttavia noi invitiamo a cliccare sulle 2 ore e 28 minuti per il contributo del dr. Valerio Talamo, direttore generale delle Relazioni sindacali del Dipartimento della Funzione Pubblica: con un’argomentazione coraggiosa e fuori dal coro egli descrive lo status di precarietà in cui la legislazione degli ultimi 30 anni ha collocato i dirigenti pubblici, rendendoli ricattabili dalla politica e soggetti deboli ai tavoli della contrattazione pubblica.

Concordiamo pienamente con quest’analisi, esprimendo la convinzione che la posizione di precarietà (avallata anche, come ricordato dal relatore, da una serie di sentenze “miti e deferenti” della Corte costituzionale) derivi tutta da una scelta legislativa iniziale errata: quella di conferire le funzioni dirigenziali attraverso incarichi a tempo determinato. I dirigenti esclusi dall’articolo 3 del decreto legislativo 165 da questo regime (Prefetti e Ambasciatori) non godono certo di particolari privilegi nei confronti dei vertici politici – che li possono spostare secondo le scelte ritenute opportune – MA non sono sottoposti alla gogna giuridica della scadenza automatica dell’incarico ogni tre anni. C’è un abisso di differenza fra le due situazioni.

Segnaliamo anche al minuto ’50  l’intervento del prof. Alessandro Bellavista, ordinario di Scienze politiche e delle Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Palermo, il quale con argomentazioni avvolgenti e affilati colpi di fioretto richiama la folta serie di anomalie di cui si nutre la legislazione attuale dello status del dirigente pubblico.

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