Un onesto racconto del progressivo degrado di Roma.

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L’Ebook di Walter Tocci -(vedi qui) – di cui presentiamo un ampio estratto è per definizione e per contenuto un racconto “di parte”, a motivo della lunga militanza politica dell’autore nella compagine politica di sinistra e per essere egli stato vice-Sindaco e Assessore alla mobilità della Giunta Rutelli dal 1993 al 2001. Tuttavia i toni e gli argomenti del testo ci manifestano un’onestà intellettuale e una capacità di raccontare e di analizzare sconosciuta alla maggioranza dei politici odierni.

Tocci ci porta per mano nella storia non gloriosa dell’ultimo ventennio di quella che Italo Insolera qualificò come “città coloniale” – cioè città caratterizzata da “sviluppo rapido e senza sedimentazioni, come le capitali dei paesi in via di sviluppo“. Il pezzo di storia che appassiona l’autore è quello riferito all’ultimo ventennio, cioè ai 15 anni dell’esperienza Rutelli/Veltroni e i successivi 5 anni della Giunta Alemanno: partendo dall’assunto che non tutto il male presente può essere ricondotto alla gestione della Giunta di destra (“A Roma c’è una lunga durata del lato oscuro del potere. Prende il sopravvento di solito nelle fasi di decadenza. Viene messo da parte solo nei grandi momenti di cambiamento. Qui emerge il problema dei riformatori romani che possono essere tali solo se si pongono grandi ambizioni: si può governare Roma solo con una grande idea”). La crisi della politica a Roma – non solo della destra ma anche della parte di cui Tocci é componente – nasce dalla crisi profonda di progettualità, cioè della ragione d’essere stessa della politica la quale, se non è programma, non è in grado di aggregare consensi veri e onesti , ma diventa inevitabilmente luogo di affari e preda del “notabilato”: è descritto lucidamente il progressivo decadimento della componente prima DS poi PD, progressivo e non successivo – anche se l’Autore non lo afferma esplicitamente – alla fine del “quindicennio di sinistra”.

Per quello che interessa da vicino le tematiche trattate su questo sito, estraiamo dalla pagina 16 una “confessione”, un'”autocritica” che non può non far male agli operatori e agli utenti della pubblica amministrazione: Tocci dà conto dell’invaghimento – un po’ superficiale aggiungiamo noi – della sinistra “de lotta e de governo” per le teorie del New Pubblic management (vedi qui su wikipedia) che, nel corso degli anni ’90, indussero la classe dirigente romana dell’epoca ad abbracciare due linee di cambiamento: “a) applicare regole di mercato ricorrendo a privatizzazioni, liberalizzazioni e trasformazioni in società per azioni; b) tradurre il mandato diretto che il sindaco aveva ricevuto dagli elettori in una forte direzione politica dell’amministrazione ricorrendo allo spoil-system, ai dipartimenti centralizzati e alle agenzie pubbliche esterne“. L’autore ammette con limpida onestà che “quasi tutte le imprese che ottennero la gestione esternalizzata dei servizi, invece di puntare sull’efficienza cercarono il rapporto consociativo con la politica al fine di trasformare in rendita privata l’inefficienza pubblica“….”la funzione pubblica è stata delegata a società per azioni che hanno mescolato gli aspetti peggiori dello statalismo e del privatismo”…”Pensavamo di modernizzare la Casa comunale, ma, inconsapevolmente, abbiamo lasciato le chiavi nella serratura, a disposizione di chi voleva portarsi via tutto“. Ci perdonino le tante persone per bene che in quel progetto hanno creduto: è stato un errore inescusabile! La presunzione superficiale di “copiare senza studiare”  il clintonismo e il blairismo ce li fanno annoverare fra gli epigoni di Nando Mericoni, il protagonista di “Un americano a Roma”. Il risultato terribile è che quel modello malato è stato copiato da moltissime altre realtà comunali italiane ed ha generato l’obbrobrio delle società partecipate, vero cancro della nostra pubblica Amministrazione (vedi sul nostro sito “lo scandalo delle società partecipate”). Sempre con lucida sincerità, Tocci ricorda in seguito (pag.23) come il compianto Gianni Borgna, puntando sulle forze sane sempre presenti nella pubblica amministrazione, “annotava in un quadernino nero ogni cosa da fare e le persone incaricate del risultato. Era una mappa dei tanti funzionari che aveva motivato verso i suoi obiettivi e che avrebbero dato l’anima per realizzarli”: uno splendido, isolato esempio di quello che dovrebbe essere il rapporto fra politica e amministrazione. (vedi qui il pensiero della nostra Associazione “Nuova Etica Pubblica” su quello che dovrebbe caratterizzare questo rapporto).

Il tratto della disarmante sincerità e di una ricchissima e profonda conoscenza dei problemi della Capitale d’Italia caratterizzano questa “storia di parte” degli ultimi vent’anni di Roma che ci regala Walter Tocci (omettendo di pronunciarsi sull’ultima “esperienza” Marino per non sparare sulla Croce rossa) e che apre inaspettati e fecondi scenari per chi sia interessato a ricominciare daccapo in questa triste storia italiana.

Giuseppe Beato.

TOCCI 2015 Non si piange su una città coloniale

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