SDA Bocconi – La Pa che vogliamo 2015

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L’Università Bocconi di Milano ha fra i suoi servizi di punta la Scuola di Direzione aziendale (SDA Bocconi school of management), istituita nel 1971 e da qualche anno significativamente presente nel settore della Pubblica amministrazione italiana. In particolare l’OCAP (Osservatorio sul cambiamento delle amministrazioni pubbliche) diretto dal Professor Giovanni VALOTTI, ha conquistato un credito rilevante in ambienti ministeriali e governativi romani, successo che consente ora di parlare esplicitamente di “Amministrazione pubblica che vogliamo” (vogliamo noi chi?). L’edizione del 2015 della manifestazione in questione ha costituito sostanzialmente – dal punto di vista delle proposte – una replica di quella del 20 febbraio 2014 (vedi qui) e del successivo 20 marzo 2014 a Roma (vedi qui), con in più la rilevante presenza del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Marianna MADIA, che costituisce di per sè un evidente e autorevole avallo alle idee e alla linea di pensiero perseguita dall’Università (vedi qui sotto il link al sito Le formiche.net sull’intervento del Ministro)

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Intervento del Ministro Marianna Madia – 23 febbraio 2015

Per parte nostra esprimiamo le nostre più vive riserve sul modello di dirigenza pubblica proposto dall’Università Bocconi nel 2014 e sintetizzato nel documento che qui riproduciamo (clicca qui per esaminare le slide). Evidente e intuitivo che molte delle idee presenti in quel documento sono ora trasfuse nel disegno di legge n 1577 del 2014 (clicca qui). Quel modello e quella “filosofia” di dirigenza pubblica non ci piacciono per molti rilevanti motivi fra i quali:

  • ha una scarsa o nulla consonanza con il modello di dirigente pubblico configurato dalla Carta costituzionale (Vedi qui);
  • è  giocato su un’immagine di dirigente pubblico lontanissima dal modello francese o dal civil servant inglese,  che si compiace, invece, di riferirsi tout court al modello del dirigente privato, modello quest’ultimo da rispettare e da imitare quanto ai concetti di managerialità e valutazione dell’operato, ma che, nell’ottica bocconiana, assurge a idealtipo unico del buon dirigente pubblico, svilendo completamente l’idea della specificità di un’azienda pubblica rispetto a un’azienda privata;
  • con la scusa della managerialità, della snellezza, della lotta alle rigidità burocratiche, si precarizza definitivamente lo status del dirigente pubblico, a beneficio, non della collettività degli utenti, quanto piuttosto del politico di turno interessato più al rapporto fiduciario e di parte che alla continuità e garanzia di legittimità e imparzialità;
  • guarda al modello e alle rigidità burocratiche delle Amministrazioni centrali (esistenti e reali peraltro), ma fa finta di non vedere che oggi l’Amministrazione pubblica è anche e soprattutto costituita dagli 8000 centri di spesa delle Autonomie locali dove i politici possono già adesso assumere il 30 % della dirigenza con contratti a tempo determinato (vedi su questo sito: Roma mafia – tre questioni di natura amministrativa). Non sembra che questo meraviglioso salto al “modello del manager privato” abbia arrecato particolari benefici alle finanze pubbliche e al buon andamento dell’Amministrazione della Repubblica.
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